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lunedì 17 febbraio 2020

La sfida del controllo sostenibile ed efficace - Il ruolo strategico della Compliance

di
Ermelindo Lungaro
Corrado Papa


L'esigenza di un controllo di 2° e 3° livello snello ed integrato è ormai un'esigenza imprescindibile (tante sono le riflessioni che si stanno sviluppando di recente al riguardo); la leva strategica della sua adeguatezza, efficacia ed economicità non è nella logica di gerarchia - come a volte tradizionalmente si pensa - del controllo (1°, 2° e 3° livello), ma nella consapevolezza del controllo indipendente quale sistema che presidi la definizione di un adeguato assetto strutturale del disegno di Governance e processivo, ne accompagni l’implementazione e ne verifichi in modo profondo l'attuato.

Il disegno strutturale di Governance si sostanzia in Codice Etico (insieme dei valori, dei principi e delle regole di condotta che devono governare ed a cui si devono ispirare i comportamenti di ciascuno in Azienda e di ciascun suo interlocutore nei rapporti con l’Azienda), Organizzazione (attribuzioni di ruoli e responsabilità), regolamentazione generale di natura trasversale e strategica, sistema di sicurezza e salute sul lavoro, sistema di protezione dei dati personali, gestione delle informazioni, assetto dei poteri.

Il disegno processivo poi si sostanzia nella corretta (alias: adeguata) disciplina dei cicli di processo con adeguati presidi di controllo.

Tutto questo impone governo dei rischi trasversali in senso ampio che richiede (semplicemente ma specialisticamente) idonea tutela dei valori etici, della sostenibilità (tecnica ed economica), della sicurezza e salute e della protezione dei dati, nonché – e non da ultimo - tutela giuridica (a garanzia delle obbligazioni di debito e dei diritti di credito verso i terzi). 
Il tutto ovviamente deve essere calato nella singola realtà aziendale e dunque operativamente possibile e auspicabilmente condiviso dal management che lo deve attuare anche con proprio diretto monitoraggio (monitoraggio che sostanzialmente caratterizza il controllo di 1° livello che è proprio della Line e dunque ben distinto dal controllo indipendente che deve essere segregato dalla Line).

Per esemplificazione individuiamo questa fase dell'assetto di Governance e processivo quale fase del "Disegno".


Tale fase, in definitiva, richiede complessiva valutazione indipendente e trasversale dei presidi di controllo ai fini della prevenzione dei rischi.

La valutazione indipendente (dunque obiettiva) e trasversale di tali presidi (controllo cd di 2°livello) richiede a sua volta competenze integrate in una vision strategica e fattuale che inevitabilmente trovano il loro naturale momento di sintesi (coordinamento) in una funzione, area (comunque si voglia definirla) di Compliance, ovvero nel coordinamento di un sistema unitario del Disegno dei controlli che sia espressione delle diverse competenze necessarie per garantire un complessivo presidio indipendente ed unitario delle singole componenti di rischio sopra accennate: questo in sintesi il significato del presidio di Compliance che, ad avviso di chi scrive, la funzione a ciò deputata dovrebbe garantire.

Il processo di Disegno cosi costruito (ovviamente secondo metodologia specialistica che coinvolga anche la condivisione proattiva del management in tutte le sue singole sotto fasi) deve essere adeguato, ma anche attuato.

Affinché il Disegno adeguato sia correttamente attuato (e dunque non si esaurisca in mera raccolta documentale o, peggio ancora, burocrazia), è necessario che il delineato processo di Compliance che presidia il Disegno si cali nella realtà non in modo impositivo e teorico ma partecipativo nel tessuto aziendale attraverso: (i) formazione "sul campo" e dunque (con proattività ed expertise) consulenza specialistica e validazione di compiutezza istruttoria della corretta implementazione del Disegno; (ii) ascolto e monitoraggio continuo del contesto normativo e di settore per aggiornare in continuità il Disegno.

E' questa la seconda fase del macro processo di controllo indipendente (esemplificativamente, Ongoing).

Ebbene queste due macro fasi - Disegno (strutturale di Governance e processivo) e Ongoing - sono gli elementi che devono costruire, mantenere in vita e creare la condivisione culturale del management verso un'implementazione naturale e sistemica coerente.

In assenza non si ha controllo, ma confusione, inefficacia, inadeguatezza, approssimazione e dunque costi inutili e anzi dannosi, in definitiva avremmo solo sovrastrutture di funzioni di controllo e (paradossalmente) farraginosità, inoperatività ovvero assenza di controllo.

Alla fase della definizione del Disegno adeguato ed alla fase Ongoing - che dunque come si è sopra evidenziato richiedono un necessario coordinamento di Compliance - segue processivamente il controllo ex post - proprio della Funzione Internal Audit - che è tanto più efficace quanto più profondo verticalmente nella valutazione dell’implementazione dei singoli presidi di controllo.

Si ritiene, quindi, possa concludersi - nel contesto della sinteticità di questa riflessione - che la leva strategica per l'implementazione di un controllo snello (dunque non dispendioso e non farraginoso e burocratico, ma al tempo stesso competente, efficace ed adeguato) sia quella di un sistema integrato del controllo indipendente che assicuri:
  • un presidio di Compliance in fase ex ante di Disegno ed in fase Ongoing;
  • un presidio di Internal Audit in fase ex post.
Entrambi i presidi devono essere a loro volta indipendenti (senza indipendenza gerarchica e gestionale non può esservi obiettività di giudizio che presuppone anche ambito di analisi trasversale), devono operare in condivisione di metodo e con scambio informativo ed essere capaci di realizzare un sistema anche omogeneo di informativa verso gli Organi Sociali e verso il management.

Entrambi (Compliance e Internal Audit) è necessario che siano parimenti valorizzati e posizionati in una logica organizzativa processiva e dunque orizzontale nel rispetto delle due diverse specificità di cui devono essere necessariamente espressione nel sistema integrato del controllo indipendente così connotato.

Quanto più poi le due fasi (Compliance e Internal Audit) del complessivo processo di controllo riescono ad interagire anche tra loro, tanto maggiori sono i benefici complessivi.

In conclusione, la focalizzazione del tutto resta - a parere di chi scrive - su un elemento imprescindibile: garantire il presidio del Disegno, Ongoing e della valutazione ex post nell'ottica sopra sintetizzata e, dunque, nel contesto di un unico processo di controllo indipendente di Compliance e di verifica Internal Audit ex post.



Ermelindo Lungaro è Founder My Compliance - Docente Master Anticorruzione, Università degli Studi Tor Vergata
Corrado Papa è Responsabile Compliance e Organizzazione, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù


lunedì 11 febbraio 2019

Lettera aperta in tema di prevenzione della corruzione (di Ermelindo Lungaro)


Lettera aperta
di Ermelindo Lungaro (*)

Era da tempo che meditavo di scrivere alcune riflessioni sul tema della prevenzione della corruzione, e dopo aver appreso la notizia che il Presidente dell’ANAC Dott. Cantone ha presentato domanda al CSM di avere incarichi presso le Procure della Repubblica di Perugia, Torre Annunziata e Frosinone, mi sono deciso a farlo.
Il mio vuole essere nel suo piccolo un punto di vista tecnico, maturato come esperienza pratica sul campo, e come tale mi piacerebbe rimanga.

Dopo quasi 8 anni dall’entrata in vigore della legge 190/12 (cd legge Anticorruzione) e quasi 5 da quando la Presidenza dell’ANAC è stato affidata al Dott. Cantone, penso che è giusto far sentire la propria opinione prima di tutto da cittadino, specie quando i valori in campo sono così importanti e fondanti per il futuro del nostro paese come il contrasto ad un fenomeno complesso e connatturato all’essere umano come quello della corruzione.

Da diversi anni svolgo attività di ricerca/decenza per l’implementazione di Sistemi di prevenzione della corruzione e trasparenza presso le Pubbliche Amministrazione e quando ne ho avuto occasione ho scritto e detto che la legge Anticorruzione è ancora una legge giovane e che c’è ancora bisogno di tempo per poter raccogliere in modo sostanziale i suoi frutti.

Siamo di fronte, a mio modesto parere, ad una vera e propria rivoluzione, che ha bisogno che tutti gli attori coinvolti (politici, funzionari pubblici, cittadini, imprese, associazioni di categoria, laici e cattolici, ecc.) si assumano le loro responsabilità, nel rispetto delle loro competenze, e si facciano attivamente partecipi di questo cambiamento culturale che prima di tutto interessa i comportamenti quotidiani degli individui nel loro agire.

Pensate che anche il Santo Padre, Papa Francesco, pochi giorni fa ha modificato lo statuto del revisore generale dei conti per estendere i suoi poteri anche alla prevenzione della corruzione. Guardando a me, non posso negare che spesso mi sono trovato a gestire in aula diversi “mal di pancia” da parte dei funzionari pubblici, anche nei confronti dell’ANAC, che spesso si sentono isolati e non supportati dalla classe politica nel migliorare i processi amministrativi per evitare fenomeni di “maladministration”, essendo questo il reale obiettivo della legge.

Probabilmente questa notizia arriva in un particolare momento in cui sono combattuto da un dilemma etico: “mi capita durante le lezioni di incontrare persone sfiduciate e/o demotivate, che denunciano il loro isolamento e l'impotenza, a causa dell'assenza di committment politico e/o della dirigenza, di sentirsi in grado di poter contribuire ad un concreto cambiamento delle prassi operative/comportamentali all’interno delle loro organizzazioni. In queste situazioni cerco di accogliere i loro vissuti e di motivarli e/o di non fargli perdere la speranza in un cambiamento, ma poi mi interrogo, vedendo il contesto in cui mi trovo, e mi chiedo se invece li sto illudendo e sto generando in loro false aspettative.

A questo dilemma non ho trovato un risposta definitiva o meglio per ora persisto e vado avanti nel dare loro speranza ma con i piedi per terra, rappresentando loro i potenziali ostacoli operativi/organizzativi causati in alcuni casi dall’assenza di un concreto supporto strategico da parte dell’organo di indirizzo politico, orientato al breve termine per raccogliere il consenso”.

Questo produce un deficit di progettualità e di continuità d’azione, insomma sembra come diceva Tommasi di Lampedusa che tutto cambia perché nulla cambi. I manager pubblici non sono messi nelle condizioni di poter avere un periodo nell'arco del quale poter operare nell'interesse primario del paese senza interferenze e soprattutto in un arco tempo congruo per poter essere misurati sul raggiungimento degli obiettivi prefissati.

La legge anticorruzione è sicuramente un’ottima legge ma per poter raccogliere i risultati occorre pazienza e sicuramente bisogna proseguire il percorso avviato dall’ANAC, staremo a vedere se così sarà a prescindere dalla permanenza o meno del suo attuale Presidente, che sicuramente ha gettato un ottimo seme ma sta a tutti noi continuare ad innaffiarlo ogni giorno!

Io personalmente sono molto grato a quello che ha fatto e mi auguro che rimanga alla guida dell’ANAC fino alle fine del suo mandato……… ma capisco anche la sua posizione.

La sfida è grande ma la posta in gioco è ancora più grande: “il futuro dei nostri figli”, e spero sinceramente che aldilà della scelta del Dott. Cantone, l’ANAC continui ad operare nel solco di quel cambio di rotta da parte della stessa tanto caldeggiato con il sostegno del Governo e ancora prima con il contributo di un dibattito concreto e costruttivo all’interno dell’opinione pubblica.

Sogno una cittadinanza maggiormente informata e formata su questi temi affinché possa indirizzare/giudicare le performance dei politici anche sulle strategie che essi adottano per mettere la figura del funzionario pubblico nelle condizioni per poter essere giudicato/premiato in funzione dell’efficienza dei processi amministrativi e della qualità dei servizi pubblici.

Per far questo forse si dovrebbe parlare di più di prevenzione della corruzione valorizzando i benefici che un serio contrasto di tale fenomeno portano alla società, partendo dalle scuole, dagli oratori e perché no dalle famose “giornate per la trasparenza” che sono organizzate annualmente dalle Pubbliche Amministrazioni per la cittadinanza affinché quando si lanciano annualmente le “famose consultazioni pubbliche” dei Piani Anticorruzione l’opinione pubblica possa realmente partecipare al processo della prevenzione della corruzione e come si suol dire fare sistema!

Milano, 11 febbraio 2019


(*) Ermelindo Lungaro è docente al Master Anticorruzione - Università Tor Vergata



mercoledì 21 marzo 2018

Assenteismo: un'ingiustizia tollerabile? (Convegno - Padova, 20.4.18)



Convegno 
AXERTA 
Investigation Consulting

ASSENTEISMO: UN'INGIUSTIZIA TOLLERABILE?
prassi, giurisprudenza e strumenti di contrasto

20 aprile 2018 
dalle 10.00 alle 13.00
c/o Orto Botanico di Padova




Programma dell'evento
Moderatore: Ario GERVASUTTI - Caporedattore de Il Gazzettino

Ore 9:15 - Accreditamento e welcome coffee

Ore 10.00 - Saluto di benvenuto e apertura lavori

Gen. C.A. Michele FRANZÈ - Presidente di Axerta S.p.A.
Prof. Rosario RIZZUTO - Magnifico Rettore dell'Università di Padova
Gen. C.A. Giuseppe VICANOLO - Com. Interregionale Nord Orientale della Guardia di Finanza

Temi

"Permessi e congedi con finalità assistenziali: vincolo fiduciario e comportamenti abusivi"
PROF. Carlo CESTER - Professore Emerito di Diritto del Lavoro, Università di Padova

"La raccolta di prove e l'iter disciplinare (dalla contestazione al licenziamento per giusta causa)"
AVV. Gianluca SPOLVERATO - Avvocato Giuslavorista, Studio Spolverato Barillari

"L'assenteismo come truffa al datore di lavoro e ai danni dello Stato - profili penalistici"

AVV. Paola RUBINI - Avvocato Giuslavorista, Studio Ghedini-Longo

"L'assenteismo nell'esperienza giurisprudenziale"

DOTT. Fabio Massimo GALLO - Giudice e Presidente Vicario Sezione Lavoro Corte Appello Roma

Ore 13.00 - Tavola rotonda: Question time: 30 min.


Saluto finale
DOTT. Giovanni GIURIATO - Presidente gruppo Triveneto di AIDP

Al termine
Light lunch e visita guidata all'Orto Botanico di Padova

Partners 
Università degli Studi di Padova  /  AIDP - Associazione Italiana per la Direzione del Personale


L'evento è a numero chiuso
Pre-iscrizione gratuita: www.axerta.it/events



lunedì 19 marzo 2018

Anticorruzione: intervista a Ermelindo Lungaro


Il giornalista Andrea D’Orazio del Giornale di Sicilia ha recentemente intervistato un amico del blog Fraud Auditing & Forensic Accountingsul tema dell'anticorruzione.
Si tratta di Ermelindo Lungaro, docente al Master Anticorruzione dell’Università Tor Vergata di Roma e presidente di diversi board di vigilanza aziendale, senza dubbio uno dei principali professionisti del settore.
Riportiamo nel seguito l'estratto dell'articolo pubblicato dal Giornale di Sicilia.




di Andrea D'Orazio (Giornale di Sicilia)

È sempre lì, dietro l’angolo, pronta a farsi strada tra gli affari pubblici e privati ogni volta che girano soldi e appalti. Si chiama corruzione, e quando viene a galla, puntualmente, trascina con sé una domanda: è davvero possibile bloccare il malaffare, fermarlo alla radice prima che si manifesti? Ermelindo Lungaro, docente al Master Anticorruzione dell’università Tor Vergata di Roma, presidente di diversi board di vigilanza aziendale, nipote dell’eroe partigiano Pietro Ermelindo a cui è dedicata una caserma di polizia a Palermo, è fermamente convinto «che la prevenzione è a portata di mano, visto che l’Italia, quantomeno in linea teorica, ha degli anticorpi che gli altri Paesi neanche si sognano».

Cioè?

«Un sistema normativo all’avanguardia basato su due pilastri: la legge 231 del 2001, che prevede l’esistenza di organismi di controllo interni alle imprese, e la 190 del 2012 - la cui cabina di regia è affidata all’Anac di Raffaele Cantone - che ha introdotto la logica preventiva anche nella pubblica amministrazione e nelle società partecipate, per arginare la cosiddetta corruzione passiva, quella dei funzionari infedeli che intascano mazzette per orientare l’assegnazione delle commesse. Ma evidentemente una solida base giuridica non basta».

Perché? Cosa vanifica questi «anticorpi»?

«Due fattori, che nella mia carriera riscontro soprattutto nel settore pubblico, uno di tipo culturale, l’altro legato a un problema di competenze. Il primo, dipende da un’ignoranza diffusa: in pochi sanno come funziona davvero la legge, che rimane il più delle volte solo un pezzo di carta. La norma anticorruzione prevede, ad esempio, l’attuazione di piani di prevenzione, ma in molti enti e società pubbliche questi programmi non vengono né aggiornati né concretamente applicati. A monte, c’è anche e soprattutto un problema politico. Dovrebbe essere la classe dirigente a dare l’input, ma manca la volontà, o per superficialità o peggio ancora per tornaconto personale».

E la questione della competenza? La legge prevede anche la figura di un responsabile interno che sorvegli la macchina amministrativa.

«Per prevenire la corruzione non si può improvvisare, bisogna avere grande esperienza, anche perché la stessa normativa, in ambito pubblico, richiede di andare oltre l’approccio formale: prevede un lavoro di fino, chirurgico, per andare a scovare le aree grigie dove si annida il malaffare. Purtroppo, il più delle volte, i responsabili interni della vigilanza non sono all’altezza del compito, hanno un deficit di preparazione e si limitano al compitino, al meccanico adempimento dei programmi di prevenzione».

Lei di piani ne ha stilati diversi, per aziende e comuni, anche per l’Anci, e ha girato l’Italia per spiegare ai manager come si combatte il fenomeno corruttivo. Cosa insegna a tutti loro?

«Che la normativa anticorruzione è lo strumento ideale per togliere un po’ di scheletri dall’armadio, per fare un po' di pulizia e rendere le società che amministrano più trasparenti e, di conseguenza, più efficienti. Il messaggio è: vigilate, e non esitate a denunciare chi commette un illecito. Devo dire che vengo ascoltato più dai manager del settore privato. Hanno meno remore a vuotare il sacco, forse perché sono più attenti al rischio di impresa, perché capiscono che la corruzione può distruggere l’immagine e il profitto aziendale».




domenica 21 gennaio 2018

Convegno dell'Associazione dei CT nominati dall'Autorità Giudiziaria (Roma 29.1.18)

                                                          

Seminari ASSOTAG
Associazione Italiana dei Periti e dei Consulenti Tecnici
nominati dall'Autorità Giudiziaria



Indici sintetici di costo e sindacabilità del pricing dei finanziamenti

Sala Conferenze Fondazione Lelio Basso
 Via della Dogana Vecchia, 5 - Roma
 29 gennaio 2018: h 14.30 – 17.30

PARTECIPAZIONE SU INVITO


Il merito di credito viene misurato come rischio che il debitore non restituisca l'ammontare del credito ricevuto e gli interessi pattuiti nei tempi e modi convenuti. L'indice misurato è universalmente qualificato in letteratura come la probabilità di default (PD default probability), valore percentuale da 0% a 100%, ovvero tra gli estremi di rischio zero (PD=0%) e default conclamato (PD=100%).

Gli indici di costo TAN e TAEG sono invece degli indici di prezzo, che rappresentano il costo finanziario del finanziamento (TAN) ed un costo aggregato comprensivo di tutti gli altri costi non finanziari tra i quali, ad esempio, quelli assicurativi (TAEG).

La differenza ontologia tra le due nature di indici dovrebbe apparire evidente, essendo il merito creditizio (misurato dalla PD) solo una delle componenti che contribuiscono al complessivo valore di costo del credito (TAN), e spesso neppure quella fondamentale, essendo i prezzi dei prodotti di finanziamento fortemente collegati piuttosto ai valori di approvvigionamento della banca (funding) e certamente diretti dalle indipendenti strategie e pratiche commerciali dei vari operatori finanziari che si confrontano competitivamente sul mercato dei prodotti di finanziamento.

Va da se che all'osservatore esterno alla banca, ad esempio all’analista finanziario indipendente, risulta estremamente arduo, se non impossibile, ricalcolare il merito di credito di un cliente della banca, il valore della sua PD, derivando questa valutazione da elaborazioni ed assunzioni informative proprietarie, congiunturali e non di rado di natura sensibile.

Quale è la natura tecnica del merito creditizio e come si calcola? Quale è la natura fiduciaria e sociale del rapporto di credito? Quali le conseguenze economiche? Quali conseguenze derivano dalla focalizzazione della differenza tra merito creditizio (ovvero la misura del rischio) e gli indici di costo del credito (ovvero il pricing del credito alle imprese e famiglie)?
Ne discutiamo insieme con i relatori con metodo multidisciplinare.

Programma

14:30 Saluti

Interventi

Prof. Francesco Quarta, Università di Bologna
Avv. Massimo Cerniglia, Studio Cerniglia
Prof . Antonio Rinaldi, Università di Chieti Pescara
Dott.ssa Elisabetta Mercaldo, FABI
Analista Rating, Agenzia di rating - da confermare
Analista Finanziario, AIAF – da confermare
Professore di scienze sociali – da confermare
Modera Alfonso Scarano, Presidente AssoTAG

16:30 Dibattito



L'associazione AssoTAG conta su circa 1300 relazioni che si tengono  attraverso l'iscrizione al blog Linkedin, raggiungibile all’indirizzo https://www.linkedin.com/groups/51178
Le opinioni e i contenuti espressi nell'ambito del seminario sono nell'esclusiva responsabilità dei relatori.

La partecipazione è consentita solo registrandosi all’indirizzo www.goo.gl/s5dSCr





giovedì 3 novembre 2016

Il nuovo standard anticorruzione ISO37001:2016, funzionerà?

di Ciro Alessio Strazzeri *


Il 14 ottobre, dopo quattro anni di lavoro con la partecipazione attiva di esperti provenienti da 37 Paesi, l'ISO ha pubblicato il suo standard per i sistemi di gestione anticorruzione, la norma ISO 37001:2016 con data ufficiale 15/10/2016.

In larga misura, i requisiti dello Standard rispecchiano molti dei passi di cui alla FCPA Guidance emessa dal Dipartimento di Giustizia e dalla Securities and Exchange Commission e di cui alle Adequate Procedures rilasciate dal Ministero di Giustizia del Regno Unito, oltre che essere compatibili con i requisiti del D.Lgs. 231/01 e del PNA.

Tuttavia, poiché fornisce un approccio globalmente accettato per la conformità anti-corruzione, l'ISO 37001 è stato annunciata come un passo significativo nella continua globalizzazione del rispetto contro la corruzione, in particolare nei paesi in cui la corruzione potrebbe essere considerata parte della cultura. Le aziende possono ora utilizzarla come uno strumento che aumenta "l'asticella" per le attività di conformità e la consapevolezza del rischio di corruzione.

Per i paesi già «sviluppati» in tal senso, sia per le autorità di controllo che per le società soggette alla loro giurisdizione, l'emissione della ISO 37001 dovrebbe essere vista come uno sviluppo positivo in quanto fornisce un unico standard globale per la conformità anti-corruzione. Come tale, essa può facilitare una revisione sistematica dei Compliance Programs Law-friendly per le aziende con sede negli Stati Uniti, in UK, in Italia, in Canada, ecc., in particolare quelle con "avamposti" nei paesi in via di sviluppo.

L'emissione del nuovo standard può anche affrontare una delle principali critiche legata al fatto di creare una situazione di svantaggio competitivo per le aziende americane/britanniche/italiane pretendendo un livello superiore di compliance rispetto alle loro controparti internazionali. 

Ora c'è uno standard per tutti.

Così come con gli altri standard emessi dall'ISO, la 37001 include una disposizione che consente la certificazione da parte di una terza parte indipendente, che indica che il programma di lotta alla corruzione attuato dall'azienda è conforme allo standard.

Ma ne vale la pena per le società come quelle statunitensi, ottenere la certificazione quando i Compliance Programs esistenti sono già tenuti a rispettare gli elevati standard imposti dal Dipartimento di Giustizia?

E per quelle italiane, che sono soggette all'adozione di Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo ai sensi del D.Lgs. 231/01 e/o all'adozione di Piani Triennali Anticorruzione e Trasparenza, ai sensi della Legge 190/12 e del Piano Nazionale Anticorruzione?

Sì, perché lo standard assicura che gli sforzi di una società sono pari o superiori al rispetto di meri adempimenti legislativi (come si suol dire "al minimo sindacale") rispondendo alle esigenze di un mercato globale, in particolare per individui ed entità che operano in paesi in via di sviluppo con i quali le aziende potrebbero desiderare fare affari.

Naturalmente, il fatto che il programma di lotta alla corruzione di una società abbia ricevuto una certificazione ISO non sarà sufficiente, da solo, a costituire sufficiente difesa nei procedimenti giudiziari. Ma i pubblici ministeri, di solito, tengono in considerazione lo stato di attuazione e l'efficacia dei programmi di conformità di un'azienda, per determinare se la società debba essere anch'essa perseguita per crimini commessi da coloro che agiscono per suo conto.

Ad esempio, l'US Attoneys' Manual indica la previa esistenza di un programma di compliance efficace come un fattore da considerare quando si determina se far pagare un'organizzazione, e le US Sentencing Guidelines la indicano come un fattore attenuante per la determinazione della condanna.

Addirittura, in Italia, l'esistenza di un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo redatto ai sensi dell'art. 6 del D.Lgs. 231/01, assieme alla corretta vigilanza, al Sistema Disciplinare ed alla dimostrazione dell'elusione fraudolenta, può costituire finanche motivo di esimenza. Nello specifico caso italiano, l'ISO 37001 può essere considerata come lo standard tecnico di riferimento per affrontare i rischi correlati direttamente o strumentalmente ai reati di corruzione pubblica e privata, in analogia a quanto formalmente in parte previsto dall’art. 30 del D.Lgs. 81/08 per i Sistemi di Gestione OHSAS 18001 per i reati inerenti la sicurezza sul lavoro e a quanto informalmente ritenuto per i Sistemi di Gestione ISO 14001 per i reati ambientali.

Mentre i pubblici ministeri, ovviamente, resteranno liberi di procedere a discrezione nelle loro indagini, una società potrà comunque puntare a una certificazione ISO 37001 come prova che abbia fatto ogni sforzo per attuare un programma anticorruzione efficace, meritando quindi un trattamento indulgente.

In questi discorsi, per il momento, abbiamo lasciato fuori il Regno Unito, non fosse altro per il basso tasso di procedimenti giudiziari conclusi in materia. La legislazione (UK Bribery Act) e le Guidance sono allineate, ma l'azione della magistratura non è ancora al passo, per cui la norma ISO 37001 potrà essere un ulteriore stimolo, non solo per le organizzazioni, ma anche per gli organi giudicanti.

Fuori dagli Stati Uniti e dall'Italia (e da altri Paesi in cui la legislazione anti-corruzione è efficace, come il Canada, la Germania, il Brasile negli ultimi tempi), la ISO 37001 sarà percepita come uno strumento che può creare un vantaggio competitivo a livello globale e un meccanismo efficace per la lotta contro la corruzione.

Per le società statunitensi ed italiane che operano a livello internazionale, attraverso una controllata, un centro di distribuzione o una sede di rappresentanza, la ISO 37001 può essere uno strumento chiave nei mercati in cui il rischio di corruzione è elevato o culturalmente "normale". Ad esempio, se un funzionario del governo locale richiede un qualche tipo di "sovvenzione straordinaria" o di "prestazione speciale", l'adozione dell'ISO 37001 può autorizzare il personale locale a rifiutare per il fatto che, pagando, si corre il rischio di perdere il lavoro e di far perdere la certificazione all'azienda - e, di conseguenza, la fiducia dei partner internazionali. La ISO 37001 può guidare l'azienda nella preparazione dei giusti processi e meccanismi per affrontare problemi del genere.

I paesi latino-americani con significative economie stanno mostrando interesse per lo standard e il risultato è un incremento della domanda di personale qualificato nel mercato professionale della conformità.

La ISO 37001 pretende dai dirigenti di impegnarsi nelle attività anti-corruzione all'interno delle proprie aziende; e le società statunitensi soprattutto hanno spesso interi team di compliance che potrebbero monitorare costantemente l'aderenza allo standard. Tuttavia, per i fornitori, distributori o rappresentanti nei paesi ad alto rischio, a seconda delle loro dimensioni, la compliance può essere una sfida, soprattutto perché il mercato dei "professionisti della compliance" non è ancora ben sviluppato.

Grazie ai numerosi scandali di corruzione, il numero di professionisti della conformità in Brasile, per esempio, è stato moltiplicando a un ritmo incredibile, e il Brasile ha preso la leadership nella sua zona geografica, nel condividere la conoscenza, l'esperienza e le capacità in questo settore, assieme ad altri paesi come il Messico. Come conseguenza, certificazioni e programmi internazionali incentrati sull'America Latina sono stati avviati in Messico attraverso prestigiose università e istituzioni private con sede in Brasile.

I mercati emergenti si stanno adeguando alla tendenza globale nella lotta contro la corruzione al fine di migliorare le prospettive economiche. I governi latino-americani, in particolare, stanno aumentando gli sforzi per assegnazione di risorse supplementari alle attività anti-corruzione, ma la credibilità è spesso ancora carente a causa della scarsa applicazione.

Anche lì, ISO 37001 può diventare una linea guida in grado di fornire indicazioni alle autorità locali su come affrontare la corruzione e consigli su come tali autorità dovrebbero affrontare la corruzione. Tuttavia, con tutti i problemi di corruzione che saturano gli ambienti di business dell'America Latina, occorre anche ragionevolmente considerare che la modifica delle culture di business richiede un grande lavoro di comunicazione ed un significativo impegno da parte dei settori pubblico e privato. Alla fine, ISO 37001 è uno standard internazionale e un'eccellente certificazione, ma non è una ricetta magica per il successo.

Le aziende che vogliono certificarsi ISO 37001 dovranno reperire sul mercato gli esperti giusti per la preparazione ed implementazione dei propri Anti-Bribery Management Systems. Secondo le indicazioni normative, i certificatori non potranno certificare un'organizzazione se il proprio programma di compliance non ha operato secondo la norma ISO 37001 per almeno tre mesi.

Inoltre, se implementato con successo, le aziende possono anche utilizzare il processo di certificazione ISO 37001 come un modo di gestire il rischio di corruzione correlato all'attività di terzi, potendo anche richiedere ad un aspirante fornitore di ottenere una certificazione ISO 37001 prima di sottoscrivere un contratto, ad esempio.

C'è ancora un sacco di lavoro da fare prima che i potenziali effetti di questa norma si facciano davvero sentire in tutte le aree del mondo e molto dipenderà dal suo livello di adozione da parte delle organizzazioni, non solo le multinazionali, ma anche le piccole e medie imprese e da quanto gli enti pubblici vorrano utilizzarlo come strumento premiante e/o di qualificazione in genere.

Ad esempio, già in Italia potremmo avere due applicazioni pratiche delle certificazioni ISO 37001.

In particolare, il nuovo Codice degli Appalti (D.Lgs. 50/2016) all'Art. 38. Qualificazione delle stazioni appaltanti e centrali di committenza, stabilisce tra l'altro che è istituito presso l'ANAC, che ne assicura la pubblicità, un apposito elenco delle stazioni appaltanti qualificate, che i requisiti di qualificazione sono individuati sulla base di parametri e si distinguono in requisiti di base e premianti quali, tra gli altri … valutazione positiva dell'ANAC in ordine all'attuazione di misure di prevenzione dei rischi di corruzione e promozione della legalità, presenza di sistemi di gestione della qualità conformi alla norma UNI EN ISO 9001 degli uffici e dei procedimenti di gara, certificati da organismi accreditati per lo specifico, applicazione di criteri di sostenibilità ambientale e sociale nell'attività di progettazione e affidamento.

Quindi, le stazioni appaltanti potranno usare la certificazione ISO 37001 per dimostrare l'attuazione di misure di prevenzione dei rischi di corruzione e promozione della legalità, richieste dal Codice degli Appalti.

Sempre in tema di appalti, la certificazione ISO 37001 potrà essere utilizzata come evidenza del possesso del requisito di cui all'art. 3, comma 2, lettera g) del Regolamento attuativo del Rating di Legalità (Delibera AGCM del 14 novembre 2012, n.24075), che richiede di aver adottato modelli organizzativi di prevenzione e di contrasto della corruzione ai fini dell'assegnazione di un + utile ai fini dell'ottenimento di una "stelletta"
.


CONCLUSIONI
Alla luce di quanto sopra esposto e dei benefici culturali e pratici che la diffusione della Norma potrà portare, riteniamo che la ISO 37001 funzionerà ed assolverà benissimo al suo scopo, che è quello di rendere definitiva una rivoluzione culturale cominciata a livello internazionale negli ultimi anni, ma mai efficacemente attuata per la mancanza di un linguaggio comune.


* Ing. Ciro Alessio Strazzeri (Presidente Asso231 - Presidente GIACC Italy - CEO Gruppo Strazzeri)


Video: La norma ISO 37001, funzionerà?





lunedì 4 gennaio 2016

Rating di legalità, decollano le richieste e le assegnazioni

L’art. 5-ter del Decreto Legge n. 1/12, poi modificato dal Decreto Legge n. 29/12, convertito con modificazioni dalla Legge 62/12, prevede che: “Al fine di promuovere l’introduzione di principi etici nei comportamenti aziendali, all’Autorità garante della concorrenza e del mercato è attribuito il compito (…) di procedere (...) alla elaborazione ed all’attribuzione, su istanza di parte, di un rating di legalità per le imprese operanti nel territorio nazionale che raggiungano un fatturato minimo di due milioni di euro, riferito alla singola impresa o al gruppo di appartenenza (...). Del rating attribuito si tiene conto in sede di concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché in sede di accesso al credito bancario (...). Gli istituti di credito che omettono di tener conto del rating attribuito in sede di concessione dei finanziamenti alle imprese sono tenuti a trasmettere alla Banca d’Italia una dettagliata relazione sulle ragioni della decisione assunta”.


Si tratta quindi di un giudizio che l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) attribuisce, in presenza di particolari requisiti, alle aziende italiane virtuose nei comportamenti etici volti alla legalità nella gestione del proprio business.
Ma è anche uno strumento di promozione e sensibilizzazione all'onestà, alla rettitudine e alla trasparenza nel fare affari in un contesto sempre più spregiudicato e corrotto, con ripercussioni molto importanti per le aziende che lo ottengono al fine dell'accesso al credito bancario e al finanziamento pubblico.

Pertanto, secondo quanto previsto da AGCM, potranno richiedere l'attribuzione del rating le imprese:
  • italiane
  • che abbiano raggiunto un fatturato di € 2 milioni (singolarmente o di gruppo)
  • che tale fatturato risulti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato
  • che siano iscritte al registro delle imprese da almeno 2 anni
L'istanza deve essere inoltrata all'AGCM direttamente dall'azienda che ne ha interesse, in via telematica, utilizzando gli appositi formulari e seguendo le istruzioni indicate sul sito.

Il rating è attribuito dall'Authority secondo un giudizio a "stellette" in base alle dichiarazioni delle aziende verificate attraverso controlli incrociati con i dati in possesso delle Pubbliche Amministrazioni.

Per ottenere il punteggio minimo (una stelletta) l’azienda dovrà dichiarare, ad esempio, che l’imprenditore e gli altri soggetti rilevanti ai fini del rating (direttore generale, amministratori, soci eccetera) non siano destinatari di misure di prevenzione e/o cautelari, sentenze penali di condanna o di patteggiamento per alcune tipologie di reato (reati tributari, d.lgs. 231/01 eccetera) ovvero che l'azienda non sia stata condannata nei due anni precedenti per illeciti antitrust o per violazioni del codice del consumo o ancora per il mancato rispetto delle norme a tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro o degli obblighi retributivi, contributivi, assicurativi e fiscali nei confronti dei propri dipendenti e collaboratori. 

Il punteggio massimo si ottiene in presenza di altri requisiti oltre a quelli minimi richiesti, quali, ad esempio:
  • rispettare il Protocollo di legalità sottoscritto dal Ministero dell’Interno e da Confindustria;
  • utilizzare sistemi di tracciabilità dei pagamenti;
  • adottare un modello organizzativo ai sensi del d.lgs. 231/2001;
  • essere iscritte in uno degli elenchi di fornitori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa;
  • avere aderito a codici etici di autoregolamentazione adottati dalle associazioni di categoria.
Il rating di legalità ha durata di due anni dal rilascio ed è rinnovabile su richiesta. In caso di perdita di uno dei requisiti base, necessari per ottenere una "stelletta", l’Autorità dispone la revoca del rating. 
AGCM mantiene aggiornato sul proprio sito l’elenco delle imprese cui il rating di legalità è stato attribuito, sospeso, revocato, con la relativa decorrenza (cliccare QUI per visionare l'elenco).

Nel 2015 sono state 1.514 le aziende che hanno inoltrato la domanda ad AGCM per l'ottenimento del rating di legalità, con un incremento di quasi il 250% rispetto al 2014. 
Al 31 dicembre 2015 l'Authority ha attribuito 1.083 rating di legalità e ne ha negati 66 (QUI tutte le statistiche).


giovedì 12 giugno 2014

Come sei posizionato sul Rating di legalità?

di Silvio Poggi*

Sono passati quasi due anni dall'emanazione dell’art. 5-ter del Decreto Legge 1/2012 che sanciva la nascita di un vero e proprio Rating di legalità per le imprese, una proposta del Governo Monti che stuzzicò subito la mia attenzione. In pochi hanno creduto in questa iniziativa, lo scetticismo e la perplessità erano sentimenti comuni, la dicitura “finirà tutto all'italiana” mi riportava ad una realtà sconfortante.

Eppure ciò mi spinse, al contrario, ad approfondire i contenuti del Decreto, del Regolamento attuativo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) e del Formulario del Rating, allegati e normative inclusi. Trovai, infatti, “compagni di viaggio” che, come me, avevano avuto l’intuizione giusta nel voler credere che questo Paese, pur nelle sue difficoltà ed innumerevoli contraddizioni, non avrebbe mai abrogato, probabilmente, uno dei rari strumenti meritocratici a favore delle imprese.

Certo, occorre ammettere che la presenza preponderante ed il significativo peso che riveste il D.Lgs. 231/01 sul punteggio finale del Rating ha incentivato il mio impegno, considerato che da circa tredici anni indirizzo la maggior parte delle mie attività professionali ai Modelli organizzativi 231.

Questa, comunque, non è stata l’unica motivazione propulsiva.

Sono anch'io un imprenditore, governo un’azienda dal 1996 e la nostra mission è da sempre quella di creare, mediante la consulenza dei nostri esperti e professionisti, tutti i presupposti che permettano all'impresa ed ai suoi dipendenti e collaboratori di potersi realizzare pienamente attraverso una precisa organizzazione interna che li incentivi ad esprimere il loro potenziale.

In un contesto italiano ove le imprese sono quotidianamente costrette a dover far fronte ad impegni economico – finanziari sempre più crescenti e stringenti e ove gli scandali erano e sono, purtroppo, all'ordine del giorno, l’idea del Rating di legalità si conciliava perfettamente con la mia volontà di contribuire a supportare tutte quelle organizzazioni che, al contrario, si distinguevano per tenere alti i valori quali la moralità di comportamento, l’etica e la legalità negli affari, pur operando in condizioni economiche complesse e spesso in territori connotati da alti rischi.

A tale interessante ideazione mancava, tuttavia, un elemento fondamentale, l’ultimo tassello che avrebbe, come si dice, “chiuso il cerchio” all'intera iniziativa, un elemento che stentava dall'essere legiferato a causa del susseguirsi continuo di nuovi Governi che ne allungavano enormemente i tempi: il Decreto dei Ministeri dell’Economia e delle Finanze e dello Sviluppo Economico che avrebbe dettato le regole d’ingaggio delle banche di fronte alle imprese che si sarebbero presentate con il punteggio di Rating per ottenerne i giusti vantaggi.

Tale Decreto è stato finalmente emanato, in modo del tutto sommario e poco approfondito, appena il 7 aprile 2014.

Nel partecipare ad eventi e congressi, ho avuto la fortuna di incontrare Rino Belloni nel febbraio 2012 trovando in lui un profilo professionale, un’immediatezza di pensiero ed una concretezza esecutiva molto simili alle mie caratteristiche. La nostra collaborazione prosegue, ormai, da più di due anni e la fiducia riposta congiuntamente nel tema in questione ci ha permesso, oggi, di poter festeggiare i primi risultati positivi. Infatti, quando gli accennai del Rating di legalità condivise subito l’idea e mi propose di realizzare un sito internet; non un sito informativo di tipo ordinario ma un veicolo proattivo che permettesse alle imprese di poter effettuare una preliminare compilazione, quale “prova di test”, del Formulario di Rating di legalità con conseguente segnalazione dell’ipotetico punteggio raggiunto sulla base delle risposte fornite.

Con l’intervento specialistico dell’Avv. Maurizio Arena, sono stati elaborati sintetici approfondimenti per tutti i quesiti attinenti l’Autocertificazione mediante l’inserimento di “help” dedicati che potessero coadiuvare l’utente nella compilazione del questionario. È stata, inoltre, prevista la possibilità, in caso di punteggio ritenuto insoddisfacente o basso, di supportare ed assistere l’azienda cliente nella corretta e puntuale predisposizione e redazione dei documenti necessari per presentare formalmente all'Autorità preposta la domanda per l’attribuzione del Rating.

Dietro la complessa attività, citata in poche righe, si nasconde, invece, un percorso particolarmente impegnativo contraddistinto da consistenti riunioni, costanti flussi informativi, continuo apporto di suggerimenti, integrazioni ed aggiornamenti, condotto per più di un anno e che ci ha guidato, il 4 giugno 2014, al lancio ufficiale in rete del sito www.rating-di-legalita.it.

Parallelamente alla costruzione del sito medesimo, si è pensato di sviluppare un progetto pilota che consentisse una concreta simulazione sul campo della bontà tecnica dell’iniziativa.

È stata scelta Pineta Grande S.r.l., Presidio ospedaliero polispecialistico di Castel Volturno, quale oggetto di analisi e di test. L’impresa, tramite l’ausilio del suo Organismo di Vigilanza 231, delle sue risorse interne e del supporto ed assistenza continua della nostra organizzazione professionale, ha percorso tutto l’iter previsto dalla normativa per ottenere il Rating. 

Il prezioso contributo dell’Avv. Claudio Sgambato, la collaborazione dell’Interfaccia interna dell’OdV Vittorio Quagliuolo, il puntuale intervento nella risoluzione dei problemi attinenti la white list da parte di Alfonso Savio ed il confronto - coinvolgimento continuo del management apicale resosi pienamente disponibile rispondendo prontamente ad ogni richiesta venisse posta loro, rappresentano elementi strategici di una eccellente gestione ed organizzazione aziendale. Anzi, l’Autorità ha richiesto, in itinere, all'impresa di fornire un supplemento documentale.

Nonostante le richieste di integrazioni pervenute all'azienda, Pineta Grande è classificata attualmente come una delle pochissime imprese ad aver acquisito dall'Autorità il massimo punteggio ottenibile del Rating di legalità e cioè tre stelle.

A seguito dell’esperienza vissuta devo sottolineare, con piena soddisfazione, che molto è stato realizzato anche grazie all'intervento di diversi professionisti che considero non solo colleghi ma veri e propri amici. Tuttavia il percorso che ci troviamo ad affrontare è ancora lungo e molte sono le incertezze e le insidie da dipanare ed affrontare, una su tutte il ruolo degli istituti di credito: saranno, questi, spettatori passivi della concessione di benefici quasi “imposti” dalle Autorità e protagonisti di confronti non costruttivi con le singole imprese oppure attori del nuovo modo di operare nei confronti delle aziende che, con il Rating, acquisiscono reali diritti di essere ascoltate e supportate nello sviluppo del loro business? 

Tale interrogativo rappresenta il punto di equilibrio tra il successo di una buona idea ed il fallimento della stessa a causa dell’impossibilità di apportare cambiamenti reali al tessuto economico - finanziario del Paese. 

Noi tutti auspichiamo che il Rating possa trovare la giusta considerazione che merita in quanto la stessa Comunità Europea ha da tempo avviato una consultazione con i Paesi membri per introdurre e valorizzare non solo rating finanziari già consolidati ma anche rating di tipo qualitativo promuovendo, altresì, una particolare attenzione alla legalità ed alla trasparenza delle imprese.

Grazie allo scenario appena esposto è possibile definire il Rating di legalità quale strumento di garanzia dell’affidabilità delle imprese.

Di conseguenza, in un Sistema di partenariato quale quello che attualmente si trova in fase dibattimentale presso la Comunità Europea, è logica e diretta conseguenza affermare che il punteggio di Rating possa essere richiesto dai partners europei quale requisito imprescindibile per una collaborazione reciprocamente trasparente ed etica tra le imprese.


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Silvio Poggi è:
- Perito del Tribunale di Roma per il giudizio di idoneità ed adeguatezza dei Modelli organizzativi 231
- Revisore Legale
- Professionista Socio Qualificato APCO-CMC n. 2013/002 - Legge n. 4/2013
- Membro dell’Associazione dei componenti degli Organismi di Vigilanza 231
- Membro dell’Osservatorio 231 Farmaceutiche
- Membro di Federmanager