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martedì 7 aprile 2020

Il contrasto all'illegalità è una questione di convenienza

Articolo pubblicato sul n. 133 di MAG (il magazine di Legalcommunity.it) del 13 gennaio 2020, nella rubrica "Obiettivo legalità"



  • Delibera n. 1064 del 13 novembre 2019, in approvazione del Piano Nazionale Anticorruzione (PNA) 2019-2021;
  • D.Lgs. n. 125 del 4 ottobre 2019, in attuazione alla V Direttiva UE Antiriciclaggio;
  • Legge n. 3 del 9 gennaio 2019, cd. Spazzacorrotti;
  • Legge n. 179 del 30 novembre 2017, cd. Whistleblowing.
Sono solo alcune delle ultime iniziative introdotte nel nostro sistema normativo allo scopo di ridurre le diseconomie che il nostro Paese paga per la diffusa percezione di elevati livelli di corruzione e di riciclaggio di denaro.


Sono i principali organismi nazionali e internazionali a metterci in guardia dal non sottovalutare questi indicatori che condizionano i giudizi di affidabilità complessiva del Paese, con riflessi sulla capacità dell’Italia di attrarre capitali.

È da qualche anno che la UIF (Unità d’Informazione Finanziaria) richiama e sottolinea il legame tra corruzione e riciclaggio, evidenziando la pericolosità sociale di tali fenomeni e la loro capacità di determinare gravissime distorsioni nell'economia legale.

La buona notizia è che (anche se con tempi talvolta anacronistici) il legislatore e le autorità antiriciclaggio e anticorruzione sono impegnate a realizzare un quadro normativo volto a scoraggiare l’attività illecita e favorire l’azione di prevenzione e contrasto di reati corruttivi e di riciclaggio.

Ad oggi possiamo constatare che le aziende più strutturate sono state sensibilizzate sull'importanza di introdurre, come deterrente, modelli organizzativi che pongano l’accento sulla prevenzione di reati corruttivi o di misure obbligatorie per circostanziare ed eventualmente segnalare possibili operazioni sospette (riciclaggio).

Pertanto, la nuova frontiera è promuovere un’azione di contrasto dell’illegalità alimentata dalla collaborazione di tutti i soggetti dell’impresa (stakeholder inclusi) supportata dalla consapevolezza che da un fenomeno corruttivo può derivare un danno economico e reputazionale devastante per la prosperità della stessa.

Un quadro normativo affidabile e aggiornato è un buon deterrente, ma l’introduzione di presidi aziendali interni, come un buon sistema di incentivi finanziari (e non) supportato da una formazione efficace erogata da personale esperto (e non online perché obbligatoria) sono investimenti aziendali che possono concretizzarsi in un cospicuo risparmio.

L’efficacia di questa modalità è stata sperimentata da un’azienda di laterizi del centro Italia, con sedi distaccate su tutto il territorio. Sino al 2017, la proprietà raccontava di aver sempre avuto la percezione di “piccole ruberie” di materiale, senza tuttavia, eseguire alcun controllo o richiamo al personale perché credevano che quegli “sfridi” facessero “parte del loro business”. L’allarme e preoccupazione è arrivata quando sono venuti a conoscenza che quegli illeciti stavano superando una “soglia” per loro sopportabile. A distanza di due anni, una formazione mirata a tutti i livelli aziendali coerente al contesto di riferimento ed un chiaro sistema di incentivi e premi ottenuti al raggiungimento di obiettivi definiti ad inizio anno stanno garantendo alla proprietà un risparmio superiore alla “soglia percepita” (in termini di maggior materiale in magazzino) e ai lavoratori un Natale più sereno con una tredicesima “lecita” più sostanziosa!!!

Concludendo, quando i vertici aziendali si incontrano per decidere come suddividere il budget tra i vari dipartimenti (sulla base degli obiettivi del business plan da raggiungere), c’è sempre poco spazio per attività preventive. È in quel momento che il management dovrebbe tenere a mente che… le “cose brutte”, non capitano sempre agli altri!

Forensic accountant



domenica 30 giugno 2019

Know your customer: come si deve muovere l’Avvocato

Si riprone un articolo pubblicato sul MAG n.122 (10 giugno 2019) di Legalcommunity.it 
di Sabrina Familiari*


Il riciclaggio. L’arma usata dalla criminalità per reimmettere nel circuito delle attività economiche lecite i proventi derivanti da attività illecita.
Cambia in fretta stile e modalità di comportamento ed è al passo con l’evoluzione del sistema, cercando di adeguarvisi.


L’Avvocato deve porre in essere un’intensa attività di prevenzione adempiendo ad una serie di obblighi di identificazione, registrazione, conservazione dei dati e di monitoraggio. Ai sensi dell’art. 3, comma 4 lett. c) del D.lgs. 90/2017, attuativo della IV Direttiva Antiriciclaggio, quando un Avvocato compie, in nome o per conto del proprio cliente, qualsiasi operazione di natura finanziaria o immobiliare, il primo obbligo a cui deve adempiere è quello di adeguata verifica.

Ma come si deve muovere l’Avvocato prima dell’instaurazione di un rapporto continuativo o prima del conferimento di un incarico per lo svolgimento di una prestazione professionale, ovvero prima dell’esecuzione di un’operazione occasionale?

Innanzitutto, la disciplina contenuta all’art. 19 del D.lgs. 90/2017 impone all’Avvocato di adempiere al cd. know your customer. Deve provvedere ad identificare il cliente in presenza del medesimo o, in alternativa, in presenza dell’esecutore o di dipendenti e collaboratori del soggetto obbligato.

Nel caso in cui il cliente fosse un soggetto giuridico, l’Avvocato deve identificarlo attraverso la verifica dell’identità del titolare effettivo (o dei titolari effettivi) o della persona fisica (o delle persone fisiche) che esercita il potere di rappresentanza ed è delegato alla firma per lo svolgimento di operazioni.

È sufficiente acquisire i dati identificativi forniti, previa esibizione di un documento d’identità in corso di validità o altro documento di riconoscimento equipollente.

Onere dell’Avvocato è quello di valutare la veridicità dei documenti ricevuti nei limiti della diligenza professionale.

È nell’ipotesi in cui non è possibile effettuare l’adeguata verifica che l’Avvocato deve astenersi dal compiere una qualsiasi operazione.

Non tutti i clienti sono uguali però.

Un privato che detiene la residenza in un paese terzo ad alto rischio, o che intrattiene dei rapporti di corrispondenza transfrontalieri con un intermediario bancario o finanziario con sede in un paese terzo.

Un consulente che intrattiene rapporti continuativi o occasionali con clienti e relativi titolari effettivi che rivestono la qualifica di persone politicamente esposte.

Un professionista che compie operazioni caratterizzate da importi insolitamente elevati rispetto alle quali sussistono dubbi circa la finalità cui le medesime sono, in concreto, preordinate.

Sono tutti esempi di potenziali clienti per i quali l’Avvocato deve applicare misure rafforzate di adeguata verifica della clientela ai sensi dell’art. 24 del D.lgs. 90/2017.

Queste “misure rafforzate” si sostanziano nell’acquisizione di maggiori informazioni sul cliente o sul titolare effettivo; in una più accurata valutazione della natura e dello scopo del rapporto; nell’intensificazione della frequenza delle verifiche e in un maggiore approfondimento delle analisi di controllo del rapporto.

Tuttavia, i compiti dell’Avvocato non terminano qui. È tenuto inoltre a svolgere le attività di monitoraggio e di tracciabilità delle operazioni compiute dal cliente; di conservazione della documentazione di supporto e di segnalazione delle operazioni sospette all’Unità di Informazione Finanziaria (UIF).

*AML Specialist & Forensic accountant



domenica 31 marzo 2019

Fraud auditor e Forensic accountant: i professionisti antifrode

Si riporta nel seguito un articolo pubblicato sul n. 118 di MAG (il magazine di Legalcommunity.it), nella rubrica "Obiettivo legalità"
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di stefano martinazzo*


Fraud auditor e Forensic accountant, i professionisti antifrode

Anche in Italia si stanno affermando figure professionali specializzate nella lotta alle frodi aziendali e dedicate al monitoraggio di quelle attività che potrebbero essere intaccate da comportamenti potenzialmente illeciti e irregolari. Professionisti che esercitano la propria attività come consulenti indipendenti a supporto di studi legali, aziende e figure apicali di società con ampi margini di discrezionalità e autonomia.
Si sta parlando del “fraud auditor” e del “forensic accountant”, cioè di due figure con ruoli e obiettivi differiti. Ma vediamo quali.
Con il termine "fraud auditing" si fa riferimento all'attività di prevenzione e di monitoraggio delle attività aziendali al fine di ridurre e prevenire il rischio di trovarsi ad affrontare un caso di frode interna. Gli strumenti a disposizione di questo esperto e le metodologie seguite sono affini a quelli utilizzati nelle attività di audit contabile-amministrativo. Ad esempio: controlli routinari e casuali di specifiche aree di gestione, accertamenti e verifiche su segnalazioni di sospette frodi (ad esempio provenienti dai “whistleblower”) e la vigilanza costante sull'effettiva osservanza da parte del personale delle policy aziendali.
Nello specifico il fraud auditor, sia esso interno o esterno all'azienda, ha particolari competenze nell'ambito del contrasto ai fenomeni illeciti aziendali, e si occupa in modo pressoché esclusivo di verificare, organizzare, sviluppare e/o potenziare le difese societarie contro irregolarità ed illeciti commessi da dipendenti infedeli.
Il fraud auditor, inoltre, è una sorta di “braccio tecnico” che agisce anche su impulso di altri organismi di controllo presenti in azienda, quali, ad esempio, il Collegio Sindacale, i Comitati consigliari e l’Organismo di Vigilanza ex D.lgs. 231/01. In questo caso la funzione di fraud auditing sarà chiamata a compiere determinati accertamenti tecnici secondo gli obiettivi definiti dall'organismo delegante il controllo.


Le espressioni "forensic accountant" e "forensic accounting", invece, richiamano sia i concetti di "materia legale" sia quelli di "investigazione" e "indagine".
Il forensic accountant è l’esperto specializzato nella ricostruzione dello schema di frode attuato dal dipendente infedele, sotto il profilo contabile, economico, finanziario e amministrativo.
Egli, pertanto, interviene in un momento successivo rispetto al fraud auditor, quando cioè il sospetto di frode è divenuto amara realtà ed è sorta la necessità di far luce sul fatto illecito con l’intento di determinare la dimensione del danno, ricostruire lo schema di frode ed individuare eventuali complici, siano essi interni o esterni all'azienda.
Solitamente il forensic accountant è un professionista terzo che opera in qualità di consulente indipendente attuando determinate tecniche e protocolli investigativi al fine di garantire l’utilizzabilità dei dati e delle evidenze documentali raccolte, in sede penale, civile o giuslavorista. Infatti il forensic accountant a conclusione della propria attività redige una relazione tecnica riportante gli esiti delle proprie ricostruzioni e può essere chiamato a testimoniare in giudizio, in qualità di CTP, sul contenuto e sulle risultanze delle verifiche effettuate.
Fraud auditor & Forensic accountant

domenica 24 marzo 2019

Il ruolo del professionista e la frode aziendale: un approccio multidisciplinare nelle verifiche di forensic accounting (Milano, 6 maggio 2019)




CONVEGNO

Il ruolo del professionista
e la frode aziendale:
un approccio multidisciplinare
nelle verifiche di forensic accounting



lunedì 6 maggio 2019 
dalle ore 14.00 alle ore 18.00
Via Fontana, 1
Milano


PROGRAMMA:

- Ruolo del penalista nella strategia difensiva e nel coordinamento multidisciplinare
- Whistleblowing: oggetto della segnalazione, soggetti destinatari e best practice di riferimento
- Attività investigativa ai sensi dell'art. 327 bis c.p.p. (panoramica generale)
- Mandato penale ai sensi dell'art. 391-nonies c.p.p.
- Analisi di esperienze professionali e della giurisprudenza in materia
Relatore: Avv. Andrea Puccio (Studio Puccio Giovannini - Penalisti Associati)

- Approccio multidisciplinare come metodo vincente di difesa
- Ruolo del CT nell’ambito dell’accusa e della difesa
- Ruolo dell’O.d.V. e dell’internal audit nelle verifiche
- Informatica forense quale indispensabile strumento di analisi in mano alla difesa
- Casi ed esperienze professionali
Relatore: dott. Stefano Martinazzo (Commercialista, AXERTA S.p.A. Dip. Forensic Accounting)

Domande e riflessioni comuni


INFO MODALITÀ DI ISCRIZIONE:
Evento gratuito per gli associati
Quota di partecipazione per i non associati: € 195,00 + IVA
Iscrizione entro e non oltre il 2 maggio 2019
web: www.aidc.pro/milano
email: segreteria.milano@aidc.pro





domenica 3 febbraio 2019

Frodi ed illeciti in azienda: strategie difensive tra giurisprudenza e strumenti investigativi (Convegno Milano-Bocconi, 12.4.19)



CONVEGNO
 AXERTA INVESTIGATION CONSULTING


Patologie aziendali

Frodi e illeciti in azienda: 
strategie difensive tra 
giurisprudenza e strumenti investigativi 


12 aprile 2019 
Università Bocconi 
Via Gobbi 5, Milano 



In collaborazione con:
Università Bocconi (Milano)
A.I.D.P. - Associazione Italiana per la Direzione del Personale
A.I.P.S.A. - Associazione Italiana Professionisti Security Aziendale


PROGRAMMA 

Moderatore: Dott. Meo Ponte (Giornalista, collaboratore di “Repubblica" e “Corriere della Sera")

Ore 9.15 - Accreditamento e welcome coffee

Ore 10.00 - Saluti di benvenuto e apertura lavori:  
Gen. C.A. CC. Michele Franzè (Presidente di Axerta S.p.A. Investigation Consulting) 
Prof. Gianmario Verona (Magnifico Rettore Università Bocconi)
Gen. C.A. Gaetano Maruccia (Comandante Interregionale CC. di Milano) 
Dott. Renato Saccone (Prefetto di Milano) “I controlli a difesa del patrimonio aziendale: opportunità e prerogative di legge per il datore di lavoro”

INTERVENTI

La gestione del rischio di security in azienda: un approccio multidimensionale
Dott. Andrea Chittaro (Presidente AIPSA - Associazione Italiana Professionisti Security Aziendale)

I controlli a difesa del patrimonio aziendale: opportunità e prerogative di legge per il datore di lavoro
Avv. Paola Rubini (Studio Legale Ghedini Longo, Esperta di diritto penale d’impresa)

Il whistleblowing in Italia. Dal diritto di critica alla sistemazione normativa: procedure aziendali, protezioni e modelli organizzativi
Avv. Marco Sideri (Studio Legale Toffoletto De Luca Tamajo e Soci)

Il contributo delle discipline manageriali e degli approcci di Forensic Accounting alla mitigazione del rischio di frodi aziendali
Prof. Nicola Pecchiari (Docente Dipartimento di Accounting, Università Bocconi)

Esperienza giurisprudenziale sugli illeciti nel mondo del lavoro
Dott. Fabio Massimo Gallo (Giudice del lavoro e Presidente Vicario della Corte di Appello di Roma)

Seguirà una tavola rotonda (Question time - 30min)

Ore 13.00 - Saluto finale e conclusioni
Dott.ssa Isabella Covili Faggioli (Presidente nazionale A.I.D.P. - Associazione Italiana per la Direzione del Personale)

light lunch


Per iscriversi all'evento e per informazioni: 
Segreteria eventi Axerta (marketing@axerta.it - tel. 02 21119023, www.axerta.it/events.html#ktitoloevents)

Convegno accreditato dall'Ordine degli Avvocati di Milano
Pagina Linkedin: cliccare QUI
Programma: www.axerta.it/editorcms/programma_patologie_aziendali.pdf





sabato 19 gennaio 2019

Pecunia non olet: presentazione del libro inchiesta di Alessandro Da Rold


Il giornalista Alessandro Da Rold racconta nel suo ultimo libro inchiesta Pecunia non olet la storia della mafia che non uccide, ma vende armi. 
Elicotteri, mitragliatrici, bombe, fregate militari: un arsenale ricchissimo e pronto all’uso là dove le guerre causano morti e arricchiscono i portafogli di speculatori e dittatori. 

L'autore presenta il suo libro alla Feltrinelli di Piazza Duomo a Milano, lunedì 21 gennaio 2019 alle 18.30


All'incontro interverranno anche il Magistrato Alfredo Robledo e il giornalista Peter Gomez.

La storia raccontata da Da Rold è incredibile perché fa vedere come l’illegalità criminale possa trasformarsi in una pratica normale e ripetuta, al punto che un latitante come Vito Palazzolo, "uno dei soggetti più pericolosi della comunità criminale internazionale", ricercato già da Giovanni Falcone e finalmente arrestato nel 2012, riesce a entrare nei salotti buoni del commercio internazionale e fare affari con Finmeccanica, Agusta e vari governi, incluso il Sudafrica di Nelson Mandela.

A dire di no sono pochi: alcuni valorosi magistrati del Sud, di Napoli e Palermo, cui si affiancheranno quelli del Nord, di Busto Arsizio e di Milano. Dice di no, pagandone il prezzo, anche Francescomaria Tuccillo, avvocato e manager napoletano, direttore di Finmeccanica per l’Africa subsahariana. Nonostante il vento spiri a favore di chi agisce nell’illecito, alla fine la verità vincerà.

La partita è enorme: in gioco c’è il destino del colosso della difesa, attraversato da scandali e arresti e da un intrico di poteri, in cui si mescolano politica, servizi segreti, mafia, massoneria, criminalità organizzata, che ha compromesso la competitività dell’industria italiana e messo in gioco il futuro economico del nostro paese, la sua capacità di creare lavoro e il suo ruolo sullo scacchiere internazionale.



lunedì 28 maggio 2018

Whistleblowing: l'anonimato è sempre garantito?

Chi opera nel settore delle indagini economico-finanziarie si trova ormai quotidianamente ad affrontare casi di segnalazioni anonime di irregolarità e di comportamenti sleali verso l'azienda, nel settore pubblico come nel settore privato.

Infatti anche un semplice impiegato dell'ufficio acquisti o dell'ufficio contabilità, può trasformarsi in un determinato e formidabile strumento di tempestiva segnalazione di fatti anomali legati a frodi, abusi, truffe, furti, corruzione, riciclaggio e pericoli alla sicurezza nei luoghi di lavoro, tanto da fornire elementi oggettivi per intercettare un comportamento illecito in corso di svolgimento.

E' il cosiddetto "whistleblower"! 
E' il leale collaboratore dell'imprenditore, che avendo a cuore le sorti dell'organizzazione per la quale lavora e dalla quale percepisce lo stipendio, si trasforma in un'efficace sentinella antifrode.


Ma come assicurare l'anonimato al whistleblower in modo tale da garantigli la necessaria serenità e fiducia nel formulare la propria segnalazione? 
Come assicurargli la dovuta protezione da atti di ritorsione di colleghi e superiori? 
Esistono sistemi realmente garantiti per assicurare l'anonimato?

Una possibile soluzione, ormai sperimentata da lungo tempo nel contesto aziendale americano e inglese, è il ricorso alle procedure informatiche.

Ad esempio, a servizi in outsourcing a ciò dedicati.
Questi, infatti, hanno due pregi principali: il database nel quale sono registrate le segnalazioni è esterno all'azienda, ubicato da qualche parte nel cloud, mentre l'identità del dipendente è garantita da accessi con credenziali alfanumeriche non direttamente associate ai dati personali.
Inoltre questi sistemi informatici sono in grado di attribuire un codice univoco alla segnalazione e monitorarne lo stato di trattamento successivo (presa in carico, gestione, indagine, esito, sanzioni e/o provvedimenti comminati eccetera), riepilogando tutto ciò nella pagina web creata dal sistema per quella specifica segnalazione, alla quale il solo segnalante può accedere.
Tra l'altro questi ambienti di comunicazione, a maggior tutela della privacy, possono essere collocati, organizzati e gestiti nella "deep web" o nella "darknet", accessibile tramite la rete anonima "tor".

Naturalmente la procedura può prevedere anche una segnalazione che ne identifichi l'autore che la formula. In questo caso, tuttavia, l'informazione legata all'identità del segnalante è conosciuta esclusivamente dagli apparati di governance, internal audit e/o dagli organismi di vigilanza e sicurezza aziendali.

Non ultimo, il problema legato alle false e/o illegittime segnalazioni
Queste possono essere formulate per screditare o danneggiare un collega dell'ufficio o un superiore gerarchico.
Anche in questo caso, il sistema informatico è in grado di identificare a priori le segnalazioni non veritiere, attraverso una serie di indicatori di anomalia generati automaticamente dal sistema. 

Queste procedure informatiche, sulla base all'esperienza maturata in questi ultimi anni, permettono alle aziende di individuare in anticipo le patologie aziendali, addirittura ancora in corso di svolgimento e, conseguentemente, di diminuire il numero e il danno delle frodi, con un notevole vantaggio sia in termini economico-finanziari che di immagine.



domenica 17 settembre 2017

Tracciabilità bancaria: un sistema ancora vulnerabile

Da tempo i trasferimenti bancari sono tracciati dai sistemi informativi degli istituti di credito.
Così un flusso finanziario è registrato sui dispositivi informatici delle banche con l'indicazione del codice IBAN, del conto corrente beneficiario oppure ordinante, del soggetto fisico o giuridico che dispone o che riceve l'ammontare di denaro, della causale del pagamento, della data della valuta e della disposizione dell'operazione.


I sistemi di tracciamento permettono di registrare anche l'eventuale banca intermediaria, l'identità del gestore o dello sportellista che materialmente ha inserito l'operazione nel sistema dei pagamenti e l'indicazione della filiale presso cui è stato ordinato un determinato bonifico o è stata prelevata o depositata una certa somma di denaro.
Attraverso un tracciato testuale e automatico (detto "log") è quindi possibile avere ogni dettaglio di un certo flusso finanziario transitante tra due conti correnti bancari.

La tecnologia tuttavia non è ancora capace di interpretare la vera natura delle operazioni bancarie inserite a sistema.
In altre parole non è in grado di individuare quei trasferimenti di denaro frutto di situazioni contabili volutamente diverse da quelle reali.

Recentemente indagini molto complesse hanno scoperto che cittadini svizzeri avevano acquistato opzioni sul rublo per rivenderle a società collegate ai medesimi, aventi sede a Montecarlo.
Pertanto il venditore e l'acquirente coincidevano nella medesima persona.

Per la modalità di funzionamento delle opzioni, il soggetto che perde denaro a Lugano è lo stesso che li guadagna a Montecarlo.
In sostanza quindi il denaro riconducibile ad uno stesso soggetto si trasferisce dalla Svizzera a Montecarlo senza che il tracciamento bancario riesca a valutare in modo automatico questa operazione come sospetta.

Si immagini ora che si ripeta il medesimo schema tra Montecarlo e Dubai, tra Dubai e Macao, tra Macao e le British Virgin Islands e così via.

Il flusso finanziario potrebbe continuare frammentandosi e riunendosi in un continuo valzer finalizzato ad occultarne l'ammontare e la riconducibilità ad una persona fisica, nel suo transumare tra lidi ufficiali e destinazioni maggiormente protette grazie al segreto bancario...



mercoledì 2 agosto 2017

Il fantasma dell'Isola di Bouvet

Nella prefazione del libro "La cassaforte degli evasori" di Hervé Falciani, il giornalista de Il Sole 24 Ore, Angelo Mincuzzi, parla di uno dei 127.000 clienti della Hsbc Private Bank di Ginevra, finita nel 2009 al centro della famosa inchiesta svizzera.

Come si ricorderà, il 20 gennaio 2009 la Procura della Repubblica di Nizza eseguì una rogatoria internazionale disposta dalle autorità elvetiche, sequestrando nei dintorni di Mentone il computer dell'italo-svizzero Hervé Falciani, un ingegnere informatico impiegato per anni presso la sede di Ginevra di Hsbc.

Ma torniamo al tema, "il fantasma dell'Isola di Bouvet".

L'isola di Bouvet fa parte dei territori vulcanici sub-antartici ed è classificata tra i posti più remoti della Terra, basti pensare che il luogo abitato più vicino dista ben 2.200 km a nord-est in Sudafrica. 
  

Ha un'estensione di circa 58 km² ed è quasi interamente ricoperta da ghiacci. Non ha né porti né approdi ma solo un punto di ancoraggio ad un centinaio di metri dalla sua costa.

E' stata scoperta nel 1739 e fu subito catalogata come "isola fantasma" perché per molti mesi all'anno è avvolta di una coltre nebbiosa che ne nasconde i contorni e la cima dell'unica collina alta 780 metri; infatti alcune navi di passaggio spesso la scambiavano per un iceberg disperso nell'oceano.
Solo a partire dalla prima metà dell'800 l'isola iniziò a comparire nelle carte nautiche.


L'uomo ci mise piede per la prima volta nel 1822, per alcune ore. Mentre la prima vera spedizione esplorativa durò un mese e avvenne nel 1927.

L'isola è completamente disabitata, anche se nel 1977 la Norvegia ha istallato una stazione meteorologica automatica.
Il 22 settembre 1979 in un tratto di mare molto vicino all'isola successe un episodio molto misterioso che venne chiamato "incidente Vela". 
In particolare, alcuni satelliti di monitoraggio delle fonti radioattive scoprirono che quel giorno venne condotto un test nucleare, probabilmente dal Sudafrica o dallo Stato di Israele (nessuna nazione ha mai ammesso la responsabilità del test).

Ma che legame ci può essere tra questa isola misteriosa, inaccessibile e disabitata, al di fuori di ogni rotta commerciale e turistica, con la famosa "lista Falciani"?

Ebbene, potrà apparire incredibile, ma tra i 127.000 ricchi clienti di Hsbc, uno risulta residente niente po' po' di meno che sull'Isola di Bouvet!


L'analisi dei file archiviati nel computer di Falciani lasciò stupiti i medesimi investigatori per la quantità, le caratteristiche e la tipologia dei clienti residenti in tutto il mondo (molti in paesi sperduti nell'Oceano Pacifico) costituiti da persone fisiche, società anonime, fiduciarie, trust e società d'investimento domiciliate nei paradisi fiscali. 
Ma anche per le numerose, quanto mai misteriose, transazioni bancarie e per gli strumenti utilizzati per trasferire beni preziosi, denaro, opzioni, prodotti derivati e titoli.

Un archivio segreto si stava materializzando. 
Un archivio che avrebbe fatto tremare il mondo bancario svizzero e non solo...



lunedì 17 aprile 2017

Shell company: le società non convenzionali

Non volendo essere esaustivi, oggi facciamo cenno ai cosiddetti "arbitraggi regolamentari".

Stimo parlando degli schemi alla base delle frodi societarie di grandi dimensioni, in grado di intaccare gruppi societari internazionali in cui il crimine economico, nonostante i più avanzati apparati di controllo e vigilanza, sfrutta varchi o bachi di sistema per sottrarre enormi ricchezze.


Ma quali sistemi fraudolenti sono così sofisticati da aggirare i normali controlli aziendali di gruppi societari di dimensioni internazionali?

Per arrivare agli obettivi prefissati, il crimine economico di alto livello ha vari metodi:
  1. innanzitutto ha l'obiettivo di dribblare i controllori costituiti sostanzialmente da revisori dei conti, sindaci, organismi di vigilanza, comitati di controllo interno e authority;
  2. in secondo luogo ha la necessità di creare un'ampia disponibilità extra-bilancio (altresì definita "fondo nero") per corrompere politici e manager;
  3. infine deve evitare i "controlli non convenzionali" organizzati degli apparati informativi degli Stati, i quali intercettano costantemente i flussi finanziari transitanti da un certo "nodo" bancario o geografico.
Per ottenere questi obiettivi, la criminalità economica organizzata sfrutta le differenti regolamentazioni vigenti nei vari Stati con riferimento agli elenchi dei Paesi da classificare tra i paradisi fiscali (o centri finanziari off-shore). 

Per fare un esempio, un determinato Stato è considerato "canaglia" dagli USA ma non lo è per la Federazione Russa. Quindi per arrivare a costituire un fondo in quel determinato Stato, bisognerà semplicemente "passare" per il sistema bancario russo, dove i controlli saranno minori e non si rischierà di incappare in problematiche legislative.
Proseguendo nel ragionamento, sempre senza entrare nel dettaglio, flussi finanziari illegali possono raggiungere paesi off-shore semplicemente sfruttando la diversa struttura regolamentare dei singoli Paesi. Mettendo in pratica quindi una sorta di "surfing regolamentare" o per citare l'espressione utilizzata da illustri accademici, attuando un astuto "arbitraggio regolamentare".

Ma con quali strumenti societari è possibile sfruttare l'arbitraggio regolamentare?

Per essere immediati nella risposta dovremmo subito citare le "shell corporations".
Si tratta di società che esistono sulla carta ma che di fatto esercitano solo una minima (o addirittura assente) attività economica.


Le shell corporations sono solitamente utilizzate come società holding, residenti nei paradisi fiscali al solo fine di accumulare i profitti di gruppo per sottrarli alla tassazione dei Paesi in cui essi sono stati prodotti.

Ma come fare a trasferire i profitti da un Paese ad un altro?

Purtroppo è molto semplice per gli architetti di questi schemi di frode.
Si potrebbe ricorrere ad esempio al cosiddetto "loan-back" (o prestito intercompany) di cui il blog tornerà a parlare. Oppure agli ormai famosi "prestiti back to back" o ancora alle "trust companies".

L'argomento è di assoluta attualità in quanto molto spesso la vera natura di tali schemi non è immediatamente comprensibile agli organismi di controllo interni o esterni all'azienda ovvero alle autorità pubbliche di vigilanza.

s.m.



lunedì 13 marzo 2017

Riciclaggio: la tecnica dell'intermediazione dissociata

Abbiamo già parlato della "frammentazione" come della tecnica, tra le più utilizzate, di occultamento di fondi di provenienza illecita, grazie alla loro disgregazione in più canali di drenaggio con l'obiettivo di traghettarli verso ambiti economico-finanziari apparentemente leciti ovvero verso conti correnti totalmente riservati e inaccessibili.

Un'altra tipica forma di frammentazione riguarda una tipologia molto particolare di intermediazione c.d. "dissociata"; ciò avviene quando il gestore dei fondi illeciti agisce in modo totalmente autonomo e indipendente rispetto al titolare effettivo.
Il fine è sempre il medesimo: impedire la tracciabilità dei flussi di denaro.


Si ipotizzi di dover trasferire un fondo illecito su di un conto acceso presso le isole Cayman.
Omettendo i dettagli operativi, ora si immagini che il gestore di tale fondo, inizialmente depositato presso una banca monegasca, disponga una serie di bonifici dapprima su conti correnti svizzeri, poi su conti correnti lussemburghesi, poi su conti correnti irlandesi, poi su conti correnti panamensi, infine, sui conti correnti destinatari finali caymanesi. 

Si consideri ora che il gestore monegasco agisce con credenziali diverse, disponendo la serie di bonifici attraverso i sistemi di home banking dei diversi istituti di credito. Il tutto nell'arco di qualche giorno, movimentando ad ogni step più conti correnti accesi presso diverse banche locali e di dimensioni medio-piccole, rimanendo tranquillamente seduto nel suo lussuosissimo ufficio vista mare di Boulevard d'Italie.

Ma il contratto d'intermediazione tra il titolare effettivo della somma illecita e l'intermediario monegasco non è stato stipulato tra i due direttamente. 
In realtà il mandato è stato sottoscritto tra una società montenegrina e una società di consulenza con sede a Guernsey; quest'ultima, a sua volta, ha dato mandato ad uno studio legale di Malta di incaricare il gestore monegasco.

Dall'esempio appena illustrato appare evidente come sia stata utilizzata la tecnica della frammentazione in abbinamento con quella dell'intermediazione dissociata. 
Gestore e titolare agiscono in modo indipendente tra loro, in funzione di accordi definiti e archiviati in giurisdizioni diverse, senza avere alcun rapporto tra di loro e senza essere direttamente collegati. Probabilmente senza che questi si siano mai conosciuti o frequentati.

Manca, tuttavia, qualche ulteriore tassello per rendere lo schema davvero impermeabile ai controlli non graditi. 
Ai lettori trovare tali ulteriori e definitivi elementi...



domenica 12 febbraio 2017

Il lato oscuro del principio del puzzle

Abbiamo già parlato in passato della "segregation of duties" come arma efficacie nel contrasto alle frodi aziendali, così come della "tecnica della frammentazione" utilizzata dai riciclatori per occultare i proventi illeciti.
Abbiamo già parlato, cioè, delle due metodologie utilizzate sui fronti opposti da guardie e ladri.

Oggi tratteremo, invece, del "principio del puzzle".


Si tratta di una metodologia per così dire "neutra", utile sia nella prevenzione degli illeciti societari ma assai utilizzata anche dalla criminalità economica, soprattutto da quella più sofisticata.
Essendo questo un blog dedicato soprattutto alla patologia, parleremo oggi proprio del lato oscuro del principio del puzzle, rimandando ai futuri interventi i possibili utilizzi ai fini preventivi.

In buona sostanza, il principio del puzzle è un antichissimo sistema di protezione dei dati e delle informazioni.
Funziona grazie ad una suddivisione assoluta tra chi detiene le chiavi, ad esempio di una cassaforte, chi conosce il luogo fisico in cui è ubicata e chi ne conosce il contenuto.

Le informazioni sul trinomio "chiave-luogo-contenuto" concentrate rispettivamente su "custode-ricognitore-informato", garantisce la separazione tra "luoghi e funzioni". Conseguentemente ogni anello della catena, che potrebbe assumere uno schema più complesso di quello appena descritto, conosce soltanto la parte di cui si occupa e non sa nulla del quadro d'insieme.

Pertanto la suddivisione statica e impermeabile dei dati e delle informazioni su diversi soggetti garantisce la segretezza.
Il beneficiario finale dell'operazione illecita saprà, quando necessario, riunione tutti i tasselli del puzzle al fine di ottenere il vantaggio desiderato. Egli, al pari di un direttore d'orchestra, chiamerà i singoli strumenti a partecipare al buon esito della sinfonia, ottenendo il massimo del risultato.

Un metodo uguale (ma concettualmente contrario) al "principio del puzzle", altrettanto utilizzato per occultare le informazioni, è il "principio di Anassimandro", che si basa sull'accesso completo alle informazioni da parte di tutti. 
Tuttavia queste informazioni sono pressoché illimitate e quindi difficilmente gestibili e decifrabili da chi non conosce l'effettivo schema della frode.
Ma di questo argomento tratteremo nei prossimi post.



lunedì 26 dicembre 2016

Le caratteristiche dei "white collar crimes"

di Valentina Maiolli *


Continuando le riflessioni in tema di criminalità economica, analizziamo ora le caratteristiche dei white collar crimes illustrati brevemente nel corso del precedente articolo.

Il grande merito di Edwin H. Sutherland, come evidenziato, è stato quello di aver rivoluzionato la criminologia e di aver rovesciato le teorie causali classiche - mirate a considerare la devianza come prodotto della povertà -, introducendo una nuova categoria di crimini: i white collar crimes. Egli dimostrò che la classe dirigente commetteva reati, che questi producevano danni rilevanti per il sistema economico di una nazione ed evidenziò i guasti provocati sul terreno delle relazioni sociali. Il comportamento dei colletti bianchi intacca infatti la fiducia, la morale sociale ed i principi su cui si fondano le istituzioni.

Il reato economico analizzato e descritto da Sutherland risulta composto da diversi elementi.


Si tratta, innanzitutto, di un reato commesso da persona rispettabile, di elevata condizione sociale e posto in essere in relazione alla sua occupazione. 
Per la commissione di questo tipo di reati sono necessari tre elementi: l’opportunità di commetterli, la conoscenza di come violare la legge e la possibilità da parte degli autori di addurre spiegazioni che ne giustifichino il comportamento. Questo particolare tipo di devianza non è occasionale ma abituale, si tratta di professionisti abili e preparati, fortemente supportati dal proprio ambiente, tendenzialmente recidivi.

Una caratteristica di questa forma di criminalità è il processo mentale di razionalizzazione. I colletti bianchi, infatti, per negare la propria responsabilità, fanno apparire il loro comportamento come penalmente irrilevante, giustificato e dettato da cause esterne. Si tratta dunque di comportamenti premeditati, unitari e coerenti.

I criminali dal colletto bianco non si riconoscono come "devianti", sono generalmente consapevoli del carattere illecito dello loro azioni ma si comportano come se queste fossero mere irregolarità formali nella convinzione che la delinquenza negli affari sarebbe "non disonorante" e ben radicata nel mondo della finanza. Proprio la condivisione dell’ideologia del gruppo e l’incentivo del profitto facilitano la commissione di atti illeciti.

Inoltre, i processi di razionalizzazione e di autolegittimazione, favoriscono il diffondersi della "cultura della corruzione": la convinzione dell’abitualità delle pratiche corruttive può indurre un numero sempre maggiore di persone a farvi ricorso, diffondendo l’idea del "così fan tutti".

E’ inevitabile, quindi, che gli atteggiamenti e le ideologie che si sviluppano sono l’opportunismo e l’individualismo oltre alla creazione di un sistema di valori secondo i quali è possibile conseguire il successo anche per strade diverse da quelle legali.

Un simile sistema è chiaramente “criminale” poiché suggerisce di raggiungere il successo ad ogni costo anche tramite l’utilizzo di mezzi non approvati dalle istituzioni legali. I tre aspetti che costituiscono la cosiddetta "molla degli affari" - alla base della mentalità dei colletti bianchi -, e cioè la ricerca del profitto, del potere e della massima produzione, sono altamente criminogeni.

Questa criminalità opera, di fatto, una "scelta di portafoglio" in cui al vantaggio dell’operazione illegale contrappone i costi e l’aspettativa di una punizione. La scelta di commettere un’infrazione deriverebbe, pertanto, dall’opportunità che si presenta all’operatore economico e dal calcolo costi-benefici che egli effettua. Inoltre, la convinzione dello scarso rischio di poter subire una sanzione concorre a formare e rinforzare la mentalità del criminale economico.

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* Valentina Maiolli, esperta controlli e modelli di prevenzione antifrode
Forensic Accounting Department, Axerta Investigation Consulting (www.axerta.it)



martedì 6 dicembre 2016

Il triangolo delle Bermuda: un sistema off-shore ancora di moda

E' stato descritto per la prima volta da Hervè Falciani nel 2015, l'insider che ne "La cassaforte degli evasori" ha svelato alcuni tra i più oscuri segreti di HSBC, mettendo a nudo un sistema studiato a tavolino per nascondere i grandi patrimoni di clienti italiani, francesi, inglesi, statunitensi e di altri 183 paesi del mondo.

Si tratta del fantomatico "triangolo delle Bermuda" costituito da Isole Vergini Britanniche, Panama e Bahamas.

Basta costituire una società in ognuno di questi tre paesi per avere la completa garanzia di risultare immune da ogni tipo di indagine giudiziaria mirata a far emergere casi di evasione fiscale, creazione di fondi occulti o corruzione internazionale.




Questi paesi possono scambiare flussi finanziari celando ogni traccia del reale beneficiario che dispone l'operazione ma anche della finalità per la quale è organizzata.

I magistrati, in questo modo, verrebbero ostacolati da procedure rogatoriali che durerebbero anni consentendo ai criminali, nel frattempo, di organizzare nuove movimentazioni finanziarie per frapporre altri conti correnti residenti in altri paesi offshore, con altri prestanome. Il tutto alla velocità di qualche click sulla tastiera di un PC.

D'altra parte costituire una società in questi paesi è semplicissimo, costa solo poche decine di dollari, anzi, oggi, con qualche centesimo di bitcoin da spendere nel Deep Web, queste strutture societarie sono già a disposizione del miglior offerente.

Chi ha dimestichezza nelle indagini legate ai paradisi fiscali, non si sorprende di certo se una volta capito il sistema delle "società matrioska" (o "shell company") residenti nel famoso "triangolo delle Bermuda", ci si imbatte nell'ulteriore famigerato "chinese wall model" costituito da trust, domiciliazioni in giurisdizioni segrete e intestazioni di anonime cassette di sicurezza ubicate in "banche mono-sportello". I due schemi per occultare i patrimoni, se abbinati tra loro, formano una corazza davvero potentissima anche contro gli organi di polizia più organizzati ed esperti.

Naturalmente la cancellazione di ogni traccia può passare anche attraverso pratiche "muscolari" e poco ortodosse (ma sempre utilizzatissime), come la distruzione fisica di archivi cartacei e digitali o il trasferimento di lingotti d'oro e diamanti tramite yacht o aerei privati.

In questo "settore" non c'è limite alla fantasia... ne è un esempio il ricco cliente residente nell'isola fantasma di Bouvet.

s.m.

domenica 20 novembre 2016

Il Forensic Accounting nella lotta contro i white collar crimes e la criminalità economica

di Valentina Maiolli *

A partire dagli studi di Edwin Sutherland - cui si deve il conio del termine white collar crime -, la criminalità degli uomini d’affari è entrata nel campo della riflessione criminologica e sociologica rivoluzionando le teorie classiche della devianza che consideravano il reato come manifestazione antisociale di soggetti disadattati appartenenti alle classi economicamente più disagiate.
Il crimine non è più prerogativa delle classi inferiori ma anzi permea il tessuto sociale in ogni suo strato fino a raggiungere quelli più elevati, ovvero, gli ambienti economico–finanziari: la classe dei colletti bianchi.



L’originaria nozione di white collar crime ed in particolare quella di criminalità economica ha subito - dopo le prime concettualizzazioni di Sutherland - notevoli trasformazioni e dilatazioni giungendo a comprendere le deviazioni professionali di ogni genere purché commesse da soggetti di stato socio-economico elevato con lo scopo di ottenere un profitto.

Qualunque sia la prospettiva che si voglia adottare nella ricerca di una definizione unitaria di criminalità economica vengono inclusi in tale nozione diversi reati, tra i quali, le violazioni fiscali, i falsi in bilancio, le corruzioni, le concussioni, le frodi aziendali, le frodi e le truffe contro la Pubblica Amministrazione, i reati ambientali, l’usura, le frodi mediche o sanitarie, i reati informatici, il riciclaggio, le frodi in erogazioni pubbliche, le turbative d’asta, le frodi e gli inadempimenti nella pubbliche forniture.

L’attenzione sui white collar crimes e la delinquenza economica non costituisce una novità della tarda modernità, fattispecie simili sono infatti individuabili già nel codice mesopotamico di Hammurabi. 

La storia romana testimonia l’esistenza di una delinquenza caratterizzata dall’abuso fraudolento degli strumenti economici realizzata da professionisti della finanza e membri delle classi agiate come i pubblicani. Testimonianze di prestiti usurai, dell’avidità dei grandi proprietari terrieri e dei magnati della finanza si trovano anche negli scritti di filosofi ed autori classici come Orazio, Seneca, Petronio e Dante.

Negli ultimi anni la criminalità economica ha assunto un peso ed una dimensione sempre più vasta, incisiva e penetrante che invade i più svariati campi di attività e che inficia gli apparati di governo, la burocrazia, gli organi interni societari e di sicurezza.

La presenza criminale capillare e costante – il più delle volte ben mimetizzata ed integrata da renderne difficile le percezione –, la contiguità con il crimine organizzato e gli ambienti economico-finanziari, rende spesso inadeguati i meccanismi di difesa.

La criminalità economica è stata definita, da alcuni autori, una vera e propria «crisi del XX secolo» di natura morale, legale e finanziaria. La dannosità sociale dei white collar crimes - come lo stesso Sutherland aveva sottolineato - è superiore a quella dei delitti comuni sia per l’entità delle perdite economiche sia per il pregiudizio che arrecano agli organi statali, alle aziende e alle relazioni sociali.

Il white collar crime si espande sfruttando le imperfezioni e le debolezze delle organizzazioni, sia pubbliche che private, i mancati controlli e le collusioni. 

In questa prospettiva le attività di Forensic Accounting e le correlate attività investigative diventano fondamentali ai fini della prevenzione, individuazione e contrasto della criminalità economica.


* Valentina Maiolli, esperta controlli e modelli di prevenzione antifrode 
Forensic Accounting Department, Axerta Investigation Consulting (www.axerta.it)



sabato 22 ottobre 2016

"Corruzione, frodi sociali e frodi aziendali", di Angelo Jannone

La rubrica "sulla mensola del fraud auditor" è stata pensata per dare agli addetti ai lavori o ai cultori della materia, strumenti utili ad approfondire le varie tematiche legate alla prevenzione dei rischi di frode e alle indagini nell'ambito aziendale.

E' capitato in passato di promuovere testi squisitamente accademici, altre volte molto teorici, a volte molto didascalici e altrettante volte scritti sotto forma di manuale pratico.

Oggi, dopo un'attenta lettura, presentiamo uno scritto assolutamente completo, idoneo come strumento di formazione per il giovane laureando nelle discipline economico-investigative così come all'addetto ai lavori o ancora al neofita di questi temi.

Si tratta di un testo redatto da un super esperto delle indagini, già Colonnello dei ROS, impiegato in numerose attività di contrasto alla criminalità mafiosa ed economica. 
Docente, divulgatore, professionista e autore di numerosissime pubblicazioni riguardanti il mondo dell'Intelligence, della criminalità economico-finanziaria e della cronaca nera e giudiziaria che ha influenzato molto della storia italiana, passata e recente.

Si sta parlando di Angelo Jannone, prima ufficiale dei Carabinieri, poi manager di importanti società private italiane, professionista esperto nella lotta contro gli illeciti societari ed ora Chief Executive Audit di Italiaonline.

Solo chi può vantare una brillante carriera maturata sul campo può scrivere un testo dal titolo impegnativo quale "CORRUZIONE, FRODI SOCIALI E FRODI AZIENDALI", senza incappare nel rischio di incorrere in banali semplificazioni o teoriche, quanto improbabili, descrizioni di fantasiosi schemi di frode.



Dalla lettura del testo si comprende subito che Jannone ciò che ha scritto, lo ha vissuto davvero. 
D'altra parte, anche altri assoluti protagonisti del settore delle investigazioni economico-finanziarie hanno voluto dimostrare la vicinanza all'autore scrivendo la prefazione e la presentazione al libro.

Si tratta rispettivamente di Fabio Tortora, notissimo Presidente del Chapter italiano di ACFE - Association of Certified Fraud Examiners, cioè l'associazione dei professionisti anti-frode, e di Roberto Pennisi, importantissimo magistrato della Procura Nazionale Antimafia con oltre 35 anni alle spalle di lotta contro 'ndrangheta ed eco-mafie.

Questo testo, seppur con alcuni tecnicismi, è adatto a tutti gli interessati ad argomenti quali la lotta alla corruzione, il contrasto agli illeciti societari, le scienze criminologiche, le tecniche di prevenzione dei rischi di frode attraverso il potenziamento dei sistemi di controllo interno aziendale e le investigazioni interne finalizzate alla redazione di consulenze tecniche di parte.

Interessantissimo è il paragrafo 6 del capitolo 5, dedicato proprio alle investigazioni.

In questo paragrafo Angelo Jannone, forte della sua esperienza maturata nel Raggruppamento Operativo Speciale dell'Arma dei Carabinieri, tratta un argomento che altri autori hanno preferito non affrontare: quello legato ai rapporti con la Polizia Giudiziaria che il forensic accountant è chiamato a saper gestire nell'ambito degli incarichi di contenuto penale.

In questa parte del libro si è riscontrata la profonda competenza di Jannone in questo particolarissimo settore della scienza forense, soprattutto quando vengono affrontate le tecniche di redazione del "fraud report" e le caratteristiche della testimonianza del consulente tecnico in sede penale, molte volte nella veste di ausiliario del Pubblico Ministero.

Insomma un testo dal quale il blog, previo consenso dell'autore, trarrà spunto per molti altri articoli di carattere tecnico e scientifico, anche per le tematiche attualissime legate sia alla figura del "whistleblower" (già, affrontate in passato dal blog) che ai protocolli operativi di prevenzione dei rischi di corruzione.


"Corruzione, frodi sociali e frodi aziendali - dalla prevenzione al contrasto", collana "Criminologia", edito da FrancoAngeli, 226 pagine, è disponibile ad un prezzo di 20 € cliccando QUI.




lunedì 29 agosto 2016

Frodi sanitarie: negli USA il "sistema immunitario" più efficacie

E' stato pubblicato di recente un articolo sulle frodi nell'ambito sanitario che evidenzia come i programmi di prevenzione e individuazione degli schemi fraudolenti tipici di questo settore, abbiano un impatto rilevante sulla riduzione della spesa sanitaria pubblica e privata.

In generale i casi di frode maggiormente percepiti dai pazienti/utenti, sono le false fatturazioni delle prestazioni professionali fornite dai medici. E' fenomeno noto il vedersi ridurre in fattura l'importo della prestazione medica rispetto all'effettiva somma versata dall'utente, per non citare i casi frequentissimi di richiesta dell'intero pagamento in nero (cioè senza l'emissione di fattura).
Il fine, sarebbe inutile sottolinearlo, è quello di sottrarre base imponibile al fisco.

Qualche mese fa il Department of Health and Human Services statunitense, in collaborazione con il Department of Justice, in seguito ad un'operazione coordinata, ha identificato 301 medici coinvolti in fenomeni di false fatturazioni, per un totale di $ 900 milioni.


Altri schemi fraudolenti molto frequenti da osservare nella sanità pubblica e privata riguardano gli approvvigionamenti e gli appalti. In questo caso le fattispecie illecite sono molteplici, anche se l'obiettivo finale rimane l'arricchimento di soggetti interni alle strutture sanitarie con il coinvolgimento di terzi appaltatori/fornitori compiacenti.
Il drenaggio di denaro avviene attraverso l'incremento arbitrario dei prezzi delle forniture o l'ampiamento ingiustificato delle opere oggetto di appalto ovvero con l'approvvigionamento di beni o servizi non necessari.

Molte strutture sanitarie stanno munendosi di procedure anti-frode in grado di fronteggiare questi fenomeni illeciti dilaganti, ottenendo fin da subito grandi benefici economici e organizzativi.
Un metodo molto efficacie è quello di introdurre modelli di prevenzione basati sui casi di frode pregressi.
Infatti, una volta accaduto il caso di frode, è bene approfondire lo schema seguito dal frodatore, le motivazioni che lo hanno spinto a frodare e le ragioni per le quali i meccanismi di prevenzione in vigore non sono stati in grado di individuare tale comportamento.
Queste analisi sono utili a rendere maggiormente efficacie il "sistema immunitario anti-frode" - ogni altra migliore definizione, in questo caso, non sarebbe ugualmente efficacie - contro altri illeciti di analoga tipologia e modalità di sviluppo.

Infine, sempre di recente e ancora negli Stati Uniti, sono stati individuati moltissimi casi di prescrizioni di farmaci e di apparati di deambulazione inutili o addirittura dannosi per i pazienti, al solo scopo di far guadagnare una tale farmacia o azienda produttrice rispetto ad altre concorrenti. Anche in questo caso il medico incassava una percentuale di tali guadagni prodotti illecitamente.

Il danno al sistema sanitario è evidente, visto che una parte del costo di tali dispositivi è a carico della collettività, così come i benefici fiscali ottenuti a fronte delle somme versate per l'acquisto dei farmaci.

Se si leggono i resoconti sugli enormi successi raggiunti in seguito alla lolla alle frodi sanitarie negli Stati Uniti e sulle somme elevatissime recuperate, si comprende come sia fondamentale iniziare a sviluppare anche in Italia un sistema anti-frode specifico per la sanità pubblica e privata.
Ne gioverebbero certamente le casse statali, ma anche i pazienti che avrebbero accesso a strutture più organizzate e a cure più economiche ma ugualmente efficaci.



domenica 6 marzo 2016

Internal audit e obblighi antiriciclaggio

Una domanda che si sente porre assai frequentemente ai vari convegni sull'applicazione della normativa antiriciclaggio, riguarda il ruolo dell'Internal audit nella segnalazione di operazioni sospette.

In buona sostanza, l'Internal audit è tenuto a segnalare le operazioni sospette ex d.lgs 231/07?



Il 1° comma dell'art. 52 del decreto legislativo richiede che a vigilare sull'osservanza delle norme antiriciclaggio siano:
  • il collegio sindacale;
  • il consiglio di sorveglianza;
  • il comitato di controllo di gestione;
  • l'organismo di vigilanza ex d.lgs 231/01;
  • "tutti i soggetti incaricati del controllo di gestione comunque denominati".
Pertanto la norma  pone a carico delle funzioni organizzative aziendali istituzionalmente preposte alle attività di controllo e vigilanza, il compito di rispettare le disposizioni di cui al d.lgs 231/07.

Ma la funzione di Internal audit è assimilabile agli organi di controllo e vigilanza menzionati dalla norma?
Ovvero, l'Internal audit gode di quell'autonomia, di quell'indipendenza, di quella autosufficienza economica dagli organi amministrativi, necessaria a garantirgli la massima libertà d'azione?

La risposta è piuttosto ovvia, ed è no!

Infatti l'Internal audit, dipendendo funzionalmente dall'organismo amministrativo, non può essere assimilato ad un organo di vigilanza, proprio per la mancanza di quegli elementi distintivi,  tipici e caratteristici che invece dovrebbero qualificare una struttura di controllo.

Ma vi è un'altra motivazione meno empirica e più concettuale che porta ad escludere l'Internal audit dal novero dei soggetti obbligati alla segnalazione di operazioni sospette ai fini antiriciclaggio.

La ragione è da ricercarsi nello stesso compito attribuito dall'organo amministrativo alla funzione Internal audit: l'essere responsabile dell'aggiornamento e del corretto funzionamento dei sistemi di controllo interno.

Se si considerassero, come devono essere considerate, le procedure antiriciclaggio come una delle più importanti componenti di un efficiente ed efficacie sistema di controllo interno, allora non apparirebbe tanto strano escludere dagli organi utilizzatori dello stesso sistema di vigilanza, la struttura che ne tiene la manutenzione.

L'Internal audit è chiamato a garantire che il sistema antiriciclaggio funzioni correttamente e sia aggiornato ed adeguato ad intercettare le operazioni sospette da segnalare all'Unità di Informazione Finanziaria, mentre altre strutture saranno preposte ad utilizzare tali sistemi e procedure per effettuare materialmente le comunicazioni.

Se così non fosse ci troveremmo a negare un principio fondamentale nell'ambito delle attività di controllo e vigilanza: il concetto di "segregation of duties", di cui il blog si è già occupato nel dicembre scorso (link), ovvero il principio di segregazione o separazione dei compiti tra la funzione d'Internal audit e la funzione Antiriciclaggio.


domenica 7 febbraio 2016

Professionisti e attività antiriciclaggio: gli indicatori di anomalia

Dottori commercialisti, revisori dei conti, consulenti del lavoro, notai, avvocati, periti nelle materie contabili e tributarie ed altre categorie professionali sono chiamati quasi quotidianamente a valutare se una determinata operazione avente natura finanziaria o patrimoniale sia "sospetta" ai fini antiriciclaggio e/o finanziamento al terrorismo.




Il professionista deve cimentarsi pertanto, in una valutazione finalizzata a declinare come sospetta o non sospetta una determinata operazione o attività, in ragione della quale il proprio cliente gli richiede assistenza.

Con l'obiettivo di agevolare il professionista nelle procedure di valutazione del rischio di riciclaggio, il legislatore è intervenuto con il Decreto del Ministero della Giustizia del 16 aprile 2010 (pdf), fornendo una sorta di vademecum basato sugli "indicatori di anomalia", in presenza dei quali segnalare all'autorità preposta (l’Unità di Informazione Finanziaria, "UIF") l'operazione intaccata da profili di sospetto.

Si tratta di uno strumento operativo molto utile, dettagliato per categorie e fattispecie nell'Allegato 1 al Decreto, finalizzato a "ridurre i margini di incertezza connessi con valutazioni soggettive o con comportamenti discrezionali", in modo da rendere corretti e omogenei gli adempimenti antiriciclaggio o di contrasto al finanziamento al terrorismo.

Il legislatore, naturalmente, tiene a precisare nel testo del Decreto, che l'elencazione degli indicatori non è esaustiva in considerazione della continua evoluzione delle modalità di svolgimento di tali operazioni illegali, lasciando al professionista l'autonomia di identificare altri criteri più determinanti allo scopo.

Non è nemmeno corretto, tuttavia, segnalare l'operazione come sospetta solo se questa ricade in uno o più indicatori di anomalia. Infatti, la medesima operazione può essere giudicata come "non sospetta" dal professionista in presenza di ulteriori caratteristiche, comportamenti della clientela o elementi persuasivi in tal senso.

Corrono in aiuto del professionista anche gli Ordini di appartenenza con l'emissione periodica di linee guida aggiornate. Ad esempio, in data 28 luglio 2011 il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha emanato le proprie linee guida per l'adeguata verifica della clientela (pdf).

Torneremo a parlare su questo blog degli indicatori di anomalia entrando nel merito dei modelli e degli schemi di comportamento anomali e/o irregolari ai fini della segnalazione di operazioni sospette; per il momento si riportano nel seguito i principali riferimenti normativi con riferimento ad altri operatori economici non professionisti.
  • Decreto del Ministero dell'Interno del 25 settembre 2015 - Determinazione degli indicatori di anomalia al fine di agevolare l'individuazione delle operazioni sospette di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo da parte degli uffici della pubblica amministrazione (GU Serie Generale n.233 del 7-10-2015) (pdf);
  • Banca d'Italia, Delibera n. 61 del 30 gennaio 2013 - Provvedimento recante gli indicatori di anomalia per le società di revisione e revisori legali con incarichi di revisione su enti di interesse pubblico (pdf);
  • Decreto del Ministero dell'Interno del 17 febbraio 2011 - Determinazione degli indicatori di anomalia al fine di agevolare l’individuazione di operazioni sospette di riciclaggio da parte di talune categorie di operatori non finanziari (pdf) e successiva modificazione del 27 aprile 2012 (pdf);
  • Banca d'Italia, Delibera n. 616 del 24 agosto 2010 - Provvedimento recante gli indicatori di anomalia per gli intermediari (pdf).