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venerdì 11 dicembre 2015

False comunicazioni sociali: importante intervento della cassazione

di Alberto Gabriele Piva

Importante riflessione della Cassazione sugli effetti della riforma delle false comunicazioni sociali.
L’Ufficio del Massimario nella relazione n° V/003/15 del 2015 esamina la nuova disciplina delle false comunicazioni sociali alla luce della riforma intervenuta nel 2015 e delle prime sentenze emesse dalla stessa Corte subito dopo l’entrata in vigore della legge 27 maggio 2015, n. 69.
In particolare, l’Ufficio analizza gli orientamenti giurisprudenziali espressi dalla stessa Corte di Cassazione con la sentenza della sua Va Sezione Penale n.33774 del 16 giugno 2015 (la cosiddetta “sentenza Crespi”).

Nella relazione si esaminano approfonditamente le motivazioni alla base della sentenza, con particolare attenzione a quelle portate a supporto dell’irrilevanza delle valutazioni nell’ambito delle riformate false comunicazioni sociali.

Sul punto, l’Ufficio richiama le riflessioni di parte della dottrina (qualificata nella relazione come “attenta”) evidenziando come :

1. “una valutazione dev’essere naturalmente la valutazione di qualcosa, sicché per poter effettuare una valutazione di conseguenza, deve essere una realtà (materiale o anche solo giuridica qual un rapporto obbligatorio) da valutare”;

2. “l’ultimo momento della valutazione – nel senso ristretto che qui interessa di “valutazione di bilancio” – è dato dall’associazione di una grandezza numerica a ciò che si vuole valutare, ossia la misurazione, la quantificazione della realtà oggetto di valutazione”.

Sul punto, il documento sottolinea che “tra questi due elementi […] vi è l’insieme di regole, di principi, di ipotesi: vi è cioè il procedimento attraverso il quale avviene l’associazione di una grandezza numerica alla realtà sottostante” mostrando che “ove ci si soffermasse sul modello di stato patrimoniale previsto dall’art cod. civ. sarebbe facilmente constatabile come la stragrande maggioranza delle poste ivi contemplate sia frutto di procedimenti valutativi, peraltro esplicitamente disciplinati (soprattutto) dall’art.2426 cod. civ.”.

L’Ufficio prosegue in un’ampia disamina di tutti gli ulteriori aspetti relativi alla rilevanza o meno delle componenti valutative nell’ambito del falso in bilancio, alla fine della quale elabora una serie di considerazioni in merito alla nuova disciplina delle false comunicazioni sociali fra le quali:
  • […] il bilancio è costituito quasi del tutto da valutazioni e si basa su un metodo convenzionale di rappresentazione numerica dei fatti attinenti alla gestione dell’impresa […]”;
  • "[…] la maggior parte dei numeri che devono essere appostati in bilancio si riferisce non a grandezze certe, bensì solo stimate; […]
  • […] è quindi ineludibile la rilevanza penale della valutazione degli elementi di bilancio, essendo la sua funzione principale quella di indicare il valore del patrimonio sociale al fine di proteggere i terzi che entrano in rapporto con la società, e costituendo il patrimonio sociale la garanzia per i creditori (e più in generale la misura di questa garanzia per i terzi); nonché per i soci (soprattutto di minoranza) lo strumento legale di informazione contabile sull’andamento della compagine sociale; […]
  • la formazione del bilancio, quindi, implica necessariamente – oltre all’individuazione dei beni, dei costi e dei ricavi da iscriversi nel conto economico – la determinazione dei valori da attribuire ai singoli elementi del patrimonio;
  • […] non si può non tener conto, per l’esatta interpretazione della fattispecie di false comunicazioni sociali, delle cosiddette regole generali per la redazione del bilancio, cioè, del principio di chiarezza e di quello di rappresentazione veritiera e corretta;
  • […] veritiero vuol dire che gli amministratori non sono tenuti a una verità oggettiva di bilancio, impossibile da raggiungere per i dati stimati, ma impone a quest’ultimi di indicare il valore di quei dati che meglio risponde alla finalità e agli interessi che l’ordinamento vuole tutelare. […]
  • […] il bilancio è “vero” non già perché rappresenti fedelmente l’obiettiva realtà aziendale sottostante, bensì perché si conforma a quanto stabilito dalle prescrizioni legali in proposito. Si tratta di un “vero legale” stante la presenza di una disciplina legislativa che assegna valore cogente a determinate soluzioni elaborate dalla tecnica ragionieristica. […]”.
La presa di posizione dell’Ufficio del Massimario della Cassazione ripropone ed incardina in un percorso giuridico rigoroso un orientamento – fatto proprio già da lungo tempo da chi si occupa nella pratica di bilanci e contabilità – secondo cui la redazione del bilancio è un processo necessariamente valutativo ed esso è vero nella misura in cui la traduzione dei fatti economici sia effettuata entro i limiti e con le codificazioni comunemente accettate.

Sotto questo punto di vista, questo blog già nel corso dei precedenti mesi (si veda in questo senso il post del 1 nov. 2015 disponibile al seguente link), pur senza effettuare ampi richiami di dottrina e giurisprudenza, aveva messo in luce che escludere le valutazioni dai criteri per determinare la “verità” o la “falsità” di un bilancio fa venire meno uno dei presupposti della redazione delle stesse scritture contabili e non coglie il carattere interpretativo della redazione del bilancio, il quale è un sistema di traduzione in numeri dei fatti economicamente rilevanti secondo una prassi codificata.

Gli autori di questo blog si auspicano che l’intervento dell’Ufficio del Massimario possa condurre ad una nuova interpretazione del tenore letterale delle riformate norme in tema di false comunicazioni sociali, che porti ad una concezione del bilancio che veda nell’attendibilità dei numeri un pilastro per la sicurezza e stabilità economica di qualsiasi nazione, in armonia con una prassi consolidata a livello mondiale.


* Alberto Gabriele Piva
Dottore Commercialista, Revisore Legale dei Conti e Certified Fraud Examiner 





martedì 24 novembre 2015

Segregation of duties: un efficacie strumento di contrasto alle frodi

di Alberto Gabriele Piva


Segregation of Duties o Separation of Duties (lett. segregazione o separazione dei compiti) è una modalità di organizzazione delle attività svolte in qualsiasi struttura sociale ed è stata considerata dal pensiero illuminista come uno degli elementi costitutivi della moderna concezione di Stato (si veda il concetto di separazione o tripartizione dei poteri in Montesquieu, “Lo spirito delle leggi”, 1748).

Nell'ambito dei sistemi di controllo interno la Segregation of Duties (SoD) è uno strumento efficacie per contrastare le frodi ed è spesso invocata come rimedio per ridurne il rischio.
Per effettuare un’efficacie SoD è necessario identificare i cicli operativi a rischio di frode ed individuare all'interno di questi le attività a maggiormente esposte a questo rischio.

Individuate le attività “a rischio frode”, si procede all'implementazione della SoD. Secondo la prassi internazionale (cfr fra i tanti ACFE, “Fraud-Related Internal Controls”, 2013), la segregazione dei compiti è efficacie se e solo se le attività di:
  • Autorizzazione ad eseguire operazioni;
  • Registrazione dei dati (relativi alle operazioni medesime); 
  • Gestione e movimentazione (fisica o virtuale) dei beni oggetto delle operazioni; 
sono svolte da persone o, più in generale, da entità indipendenti fra loro.


Se una persona o un’entità svolge allo stesso tempo almeno due di queste attività, si creano occasioni per commettere frodi. Infatti:
  • se una persona o un’entità dispone dei poteri per autorizzare operazioni ed allo stesso tempo ne cura la registrazione, essa può scegliere alternativamente di omettere la registrazione delle operazioni oppure di falsificarne i dati presenti nel sistema informativo (es. tramite l’alterazione delle scritture contabili o di altri dati tecnico-economici presenti nel sistema informativo dell’organizzazione). 
  • se una persona o un’entità dispone dei poteri per autorizzare transazioni ed allo stesso tempo è responsabile della gestione e movimentazione dei beni oggetto delle stesse operazioni, essa può distrarre risorse dall'organizzazione attraverso la realizzazione di transazioni formalmente rispettose delle procedure ma fraudolente nella loro sostanza (es. transazioni effettuate in conflitto d’interessi e/o a condizioni non di mercato, interposizione fittizia di entità correlate). 
  • se una persona o un’entità è incaricata di gestire i beni di un’organizzazione ed allo stesso tempo cura la registrazione dei dati relativi alle transazioni collegate a quegli stessi beni, essa può appropriarsi indebitamente dei beni “intercettandoli” prima che la loro acquisizione sia rilevata nei sistemi informativi dall'organizzazione oppure essa può fare un uso indebito o addirittura illegale dei beni dell’organizzazione ad insaputa di quest’ultima (es. appropriazione di incassi da clienti con rilevazione nel sistema informativo dell’organizzazione di “perdite per inesigibilità” per un ammontare pari a quello degli incassi distratti, furto di beni aziendali, peculato d’uso). 
In tutti questi casi, sebbene la possibilità di prevenire le frodi si riduca molto, è ancora possibile individuare quelle già commesse prestando attenzione alle incongruenze (c.d. red flags) individuabili mediante un confronto tra:
  • i dati elaborati dall'organizzazione; 
  • i dati e le informazioni forniti da terze parti (meglio se indipendenti);
  • la verifica dell’effettiva situazione di fatto e di diritto dei beni dell’organizzazione. 
Molto più difficile è invece prevenire ed individuare frodi nel caso in cui una persona o un’entità accentri su di sé lo svolgimento di tutte le attività di un’organizzazione.
In questi casi, la possibilità di prevenire ed individuare frodi è di gran lunga inferiore. Infatti, chi svolge o sovraintende allo svolgimento di tutte le attività (i.e. gestione dei beni, autorizzazione ed registrazione delle operazioni) non solo ha la possibilità di commettere frodi ma anche di eliminarne le tracce delle transazioni fraudolente cancellando molte delle incongruenze rilevabili. 

In questo ambito rientrano non solo le frodi compiute da persone o entità alle dipendenze di un’organizzazione ma quelle compiute da chi dirige ed amministra l’intera organizzazione ovverosia i suoi vertici. Chi sovraintende l’intera operatività di un’organizzazione ha in sé non solo il potere di autorizzare l’esecuzione di operazioni ma anche quello di gestire i beni collegati a tutte le transazioni ed di elaborarne le relative informazioni.

La SoD è quindi un strumento molto efficacie per ridurre il rischio di frode tuttavia, come ogni attività di controllo e prevenzione, essa comporta per l’organizzazione il sostenimento di costi e può provocare una perdita di efficienza complessiva (es. riduzione della velocità nell'esecuzione dei compiti). 

La SoD è in ogni caso poco efficacie nei casi di frodi commesse dai vertici di un’organizzazione.

Un sistema anti-frode ed in generale un sistema di controllo interno efficiente è frutto di una valutazione dei benefici e dei costi generati dall'implementazione del controllo e dall'importanza che le attività oggetto di segregazione hanno all'interno dell’organizzazione. L’efficacia dei controlli anti-frode ed in generale dell’intero sistema dipende invece dalla condotta delle persone che appartengono ad un’organizzazione ed in particolare dei suoi vertici.

Alberto Gabriele Piva
Dottore commercialista e Revisore legale dei conti



domenica 15 novembre 2015

La "truffa del leasing"

Nell'ambito delle frodi finanziarie va sicuramente menzionata la "truffa del leasing".

Si tratta di una tipologia di raggiro molto diffusa, che ha coinvolto in passato personalità di primo piano del mondo dello spettacolo, dello sport e dell'imprenditoria.

Lo schema di frode è semplice ed è sviluppato da gruppi criminali specializzati e ben organizzati che operano nel mercato dei beni di lusso di alta gamma, quali automobili di grossa cilindrata, superyacht e jet privati.


Il meccanismo, come detto, è semplice.
Nella prima fase della truffa è utilizzata una società con lo scopo di prendere in leasing, ad esempio, una fuoriserie.
Dopo aver pagato la commissione per l'apertura della pratica e versato la prima rata (e l'eventuale maxi-canone), la società locataria sospende i pagamenti periodici e sparisce con il bene preso in leasing.

Solitamente i beni, siano essi veicoli o yacht, sono trasferiti all'estero (soprattutto nell'Est Europa o in Africa) e rivenduti ad ignari clienti, grazie l'esibizione di documenti di proprietà contraffatti.
Le offerte di vendita sono pubblicate su siti internet specializzati, sottolineando che il bene non è mai stato utilizzato o che è stato ricondizionato in modo tale da farlo apparire "come nuovo".

Secondo le statistiche elaborate dalle forze di polizia tributaria, in Italia si verificano circa 1.500 casi all'anno riconducibili alla "truffa del leasing" con un giro d'affari stimato in 60 di milioni di euro. Inoltre, lo schema di frode appena descritto è in aumento anche con riferimento ai mezzi agricoli, camper, camion, gru, mezzi per lo spostamento terra eccetera.



domenica 1 novembre 2015

Il bilancio e le riformate false comunicazioni sociali

di Alberto Gabriele Piva*


Le parole della riforma: una riflessione per una definizione alternativa di “fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero




La nuova disciplina delle false comunicazioni sociali ha modificato il panorama e gli schemi di ragionamento che commercialisti, sindaci, revisori, attestatori ed altri operatori della contabilità erano abituati ad adottare prima della sua introduzione.

L’abolizione del riferimento esplicito agli aspetti valutativi ha subito innescato una serie di riflessioni (sia in dottrina sia in giurisprudenza) sintetizzabili in questi passaggi logici:
  1. La riforma ha abolito il riferimento alle valutazioni;
  2. La riforma fa riferimento ai soli fatti e non più alle informazioni;
  3. Le “mere” valutazioni, quindi, non sono più penalmente rilevanti.
Questa interpretazione – che sul piano pratico ha già avuto i suoi primi effetti nelle sentenze della Cassazione (es. Cassazione Penale, Sez. V, 30 luglio 2015 n. 33774) – non può essere considerata l’unica possibile. Molti autori hanno fatto notare sin da subito le difficoltà, i rischi e le implicazioni negative che questa interpretazione può avere (ex pluribus Mucciarelli e Bana). Per correggere questa tendenza, esiste, tuttavia, una soluzione applicabile sin da subito alternativa a la “riforma della riforma”.

Sarebbe infatti sufficiente riflettere su cosa sia effettivamente la contabilità ed inquadrare la nozione di “fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero” in quest’ottica.
La contabilità non è altro che il sistema per la rilevazione di fatti che hanno impatto a livello economico (i.e. che sono rilevanti, appunto). Essa è una lingua che traduce in moneta di conto gli accadimenti di un’entità. Gli specialisti di questa lingua (commercialisti e gli altri esperti contabili) selezionano e traducono in base a codificazioni comuni (partita doppia e principi contabili) i fatti economici. Altri specialisti (sindaci, revisori, attestatori, etc.) verificano la correttezza e la bontà delle traduzioni in base a parametri comuni (i principi di revisione).

Ogni giorno gli esperti di questa lingua osservano i fatti e gli accadimenti che avvengono in un’impresa, ne valutano gli impatti economici e traducono questi impatti tramite codificazioni comuni in moneta di conto. Ci si accorge immediatamente che ogni volta che si redige una scrittura contabile, si compie implicitamente una valutazione nel momento stesso in cui si decide quanti e quali aspetti di un accadimento hanno impatto economico. Di ciò il legislatore ne è consapevole. Infatti, lo stesso Codice Civile fonda la redazione del bilancio (i.e. la traduzione dei fatti economicamente rilevanti in moneta di conto) su criteri valutativi: il principio di prudenza ed il principio di prevalenza della sostanza sulla forma (cfr. art. 2423-bis c.c.).

Le valutazioni sono quindi il presupposto della redazione di qualsiasi bilancio e non una sua tecnica di redazione evoluta. Se non si effettuasse questo processo, i documenti contabili si ridurrebbero a delle semplici liste di dati non comparabili fra loro.

Se il bilancio è un esercizio di valutazione, che significato hanno in questo contesto il termine “materiali” e l’accezione “non rispondenti al vero”?
Il concetto di materialità deve essere ricondotto al concetto, elaborato a livello mondiale, di “materiality”.
Quest’ultimo è un concetto diverso dall'accezione giuridica comunemente adottata ed è riassumibile nei seguenti termini:
  • un’informazione o un fatto è materiale se la sua omissione o la sua errata rappresentazione influenzano le decisioni economiche prese dagli utilizzatori in base ai documenti di bilancio [cfr. ultima in ordine di tempo IASB e FASB Meeting, Discussion paper, “Conceptual Framework. Qualitative Characteristics 4: Definitions of understandability and materiality”, Luglio 2015, pag. 2 par. 5].
Questa definizione pone, però, un problema: quali sono i criteri per determinare i fatti che sono materialmente rilevanti?

Così come nel campo della traduzione di un testo vi possono essere diversi paradigmi e teorie, anche per la traduzione di fatti economicamente rilevanti in termini contabili possono esserci diverse interpretazioni. Tuttavia, come il processo di traduzione di una lingua ad un'altra, il processo di redazione del bilancio si muove all'interno di limiti comunemente individuati dall’insieme di coloro che lo eseguono o che ne valutano la sua bontà. Per il bilancio e la contabilità, i limiti comunemente individuati sono quelli forniti dai principi contabili e di revisione nazionali ed internazionali e dalle linee-guida delle autorità di vigilanza.

L’elaborazione di questi criteri (i.e. i criteri per giudicare la bontà della traduzione) prevede un’analisi preliminare del contesto in cui opera l’impresa e una successiva valutazione della rilevanza dei fatti inclusi o esclusi dal bilancio, in base alla loro natura qualitativa e rilevanza quantitativa (cfr. Statements on Auditing Standards n.47; si veda anche Livatino, Pogliani, Pecchiari,“Auditing, manuale operativo per la revisione legale dei conti”, Egea per una trattazione sistematica dell’argomento).

Il processo di definizione dei limiti di materialità richiede, quindi, un apprezzamento professionale ben più ampio e molto meno automatico di quello basato, ad esempio, su un’applicazione esclusiva di soglie percentuali come quelle stabilite dalla precedente legge. È un processo che deve necessariamente considerare, ad esempio, l’adeguatezza del sistema amministrativo-contabile che porta alla redazione delle scritture (i.e. il metodo di traduzione).

Se si adotta questa definizione di materialità, è anche agevole definire quali fatti possano essere ritenuti “rispondenti al vero” e, più in generale, quale sia la nozione di veridicità da applicare in questi casi. 
In questo senso, senza fare riferimenti “esotici”, la prassi nazionale ha già elaborato un concetto di “veridicità” dei fatti (contabilmente) rilevanti, affermando che la veridicità dei dati contabili “non può essere intesa nel senso di “verità oggettiva”, quanto piuttosto nel senso che il processo di produzione dell’informazione economico-finanziaria si basi su un sistema amministrativo-contabile adeguato (cioè idoneo a contenere il rischio di errori rilevanti) e che i redattori dell’informazione operino le stime in modo corretto, pervenendo a un’informazione attendibile e imparziale” (cfr. “Principi di attestazione dei piani di risanamento”, par. 4.2.1), tenendo in considerazione che “errori, semplificazioni e arrotondamenti sono tecnicamente inevitabili e trovano il loro limite nel concetto di rilevanza [leggasi materialità, NdA] essi cioè non devono essere di portata tale da avere un effetto rilevante [leggasi materiale, NdA] sui dati di bilancio e sul loro significato per i destinatari.” (cfr. OIC 11). 

Il concetto di materialità così definito è ripreso dal nuovo art. 2621 c.c., nella parte in cui si afferma che i fatti materiali e rilevanti devono essere “idonei ad indurre in errore i destinatari”, ovverosia idonei ad influenzare le decisioni economiche prese dagli utilizzatori (cfr. la già citata definizione di materialità elaborata da IASB e FASB).

Escludere le valutazioni dai criteri per determinare la “verità” o la “falsità” di un bilancio fa venire meno uno dei presupposti della redazione delle stesse scritture contabili e non coglie il carattere interpretativo dell’intero processo di redazione del bilancio.
Pensare alla contabilità come lingua di interpretazione, traduzione e sintesi degli accadimenti economici consente di dare al concetto di “fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero” un significato organico ed alternativo, che individua nelle valutazioni e, più in generale nell'aspetto qualitativo, un elemento necessario per individuare la “verità” o meglio la “veridicità” dei numeri di bilancio.


* Alberto Gabriele Piva è Dottore Commercialista, Revisore Legale dei Conti e Certified Fraud Examiner - email: alberto.g.piva@gmail.com






mercoledì 21 ottobre 2015

"Frodi occupazionali" e "frodi on the book". Esiste un legame?

In passato il blog si è già occupato di frodi occupazionali così come delle frodi cosiddette "on the book", ma ora è giunto il momento di parlare del loro stretto legame.

Pensiamo ad un direttore commerciale che stipula contratti di vendita sottoprezzo di un dato prodotto al fine di favorire uno specifico cliente.
L'azienda subirà un danno direttamente correlato al comportamento del suo dirigente, in quanto quest'ultimo ha applicato condizioni economiche di vendita inferiori a quelle minime previste dalle politiche aziendali.
Siamo quindi nel campo delle frodi commesse da dipendenti (dirigenti) infedeli, definite in letteratura "frodi occupazionali".

Ora consideriamo l'aspetto contabile.

La vendita sottoprezzo sarà rilevata contabilmente come ogni altra operazione.
In questo caso avremo due possibili scenari:
  • il gestionale-contabile è progettato per calcolare il prezzo unitario del prodotto e confrontarlo con i limiti minimi di prezzo previsti dalle politiche aziendali. In questo caso, pertanto, il sistema di controllo segnalerà un "alert" invitando la funzione di "audit commerciale" a verificare la transazione in oggetto;
  • il gestionale-contabile non è progettato per effettuare controlli automatici di primo livello sulle transazioni inserite. In questo caso il manager continuerà indisturbato ad effettuare vendite sottoprezzo senza che nessuno se ne accorga; almeno fino a quando commetterà il classico "passo falso".


In entrambi gli scenari descritti siamo in presenza di una frode "on the book", poiché dalle rilevazioni contabili è possibile rinvenire le tracce dell'atto fraudolento.

E' bene precisare che la transazione irregolare, almeno in teoria, potrebbe essere scoperta anche senza il ricorso ai dispositivi di controllo automatico sulle rilevazioni inserite in contabilità, ad esempio grazie ad un'attività di revisione contabile ovvero di audit interno di routine oppure ancora grazie alle lamentele dei clienti che si vedono applicare condizioni economiche più svantaggiose rispetto al soggetto favorito dal direttore commerciale.

I controlli automatici di "primo livello", insieme al rispetto di corrette procedure di contabilizzazione basate anche sulla separazione delle mansioni (distinguendo il controllore dal controllato in ragione delle teorie sulla "segregation of duties"), potrebbero limitare di molto fenomeni quale quello appena descritto. 



martedì 6 ottobre 2015

Frode aziendale. L'approccio italiano al problema

Capita sempre più spesso di dover affrontare un caso di frode commessa da un dipendente infedele.
Ma come è affrontato il problema in Italia?

Secondo recenti ricerche che saranno pubblicate tra breve, la gestione di un caso di frode in azienda ha natura "emergenziale", perché basata maggiormente sulla repressione piuttosto che sulla prevenzione e sulla deterrenza.

Ciò è dovuto principalmente alla carenza di strutture aziendali professionalmente preparate ad affrontare e gestire un caso di frode occupazionale.
Generalmente, infatti, sono sviluppate e ben organizzate le funzioni di internal audit e di governance ma non altrettanto le funzioni di fraud auditing interno, appositamente strutturate per scoprire, investigare e dimostrare le irregolarità aziendali.


Tali strutture di fraud audit, nei casi osservati, dipendono funzionalmente dal responsabile "security" ovvero dal responsabile internal audit e molto spesso non godono dell'autonomia e dell'indipendenza necessaria a garantire il buon esito dei propri accertamenti.

Si consideri che la frode in Italia è scoperta per lo più casualmente e che la reazione dell'azienda non sempre ha un approccio scientifico e finalizzato a recuperare le somme sottratte.

Anzi, la ricerca traccia un quadro piuttosto desolante in cui la frode:
- è gestita in emergenza;
- con strutture ed informazioni inadeguate;
- da personale non avente gli skills e le competenze specifiche;
- in un clima di scarsa collaborazione tra le diverse funzioni aziendali;
- nell'impossibilità di apportare concreti miglioramenti ai modelli di prevenzione (se esistenti).

In molti casi gli investimenti in sicurezza e prevenzione sono visti come poco utili al business e/o al conto economico e se non ci sono risorse proporzionali alle dimensioni e all'organizzazione aziendale, i pochi sforzi profusi nel contrasto ai fenomeni fraudolenti rischiano di essere inefficaci se non addirittura dannosi.


sabato 19 settembre 2015

Il Blog vittima dell'ennesimo attacco hacker?

Negli ultimi giorni sono pervenute parecchie segnalazioni riguardo la scomparsa delle immagini di numerosi articoli pubblicati sul blog. Soprattutto relativi ad articoli sulle vicende del Banco Ambrosiano curate da Carlo Calvi.


L'amministratore del blog sta provvedendo, con il poco tempo a disposizione, a ripristinare le immagini secondo la disposizione originale.

Si "ringraziano" i vari criminali informatici, che attaccano con accessi da server stranieri, per l'ennesima dimostrazione di "stima" e "affetto".
Tutto ciò ci conferma che siamo sulla strada giusta!


mercoledì 16 settembre 2015

La contabilità "nera"

Le espressioni "contabilità nera" o "contabilità parallela" sono da sempre utilizzate dai cronisti giudiziari per descrivere fatti di illecito contabile.
Ma cosa si intende esattamente con questi termini?

Innanzitutto è bene precisare, in base all'esperienza di chi scrive, che il fenomeno è molto diffuso e riguarda aziende di ogni dimensione, operanti in qualsiasi mercato.

Per contabilità nera o parallela si intende un insieme di appunti, tabelle, dettagli, schemi, annotazioni, promemoria, riferiti ad operazioni non contabilizzate, solitamente tenuti in forma riservata, criptica o anonima in luoghi virtuali o fisici, protetti da apparati o password che ne rendono difficile l'accesso.
Naturalmente nella realtà moderna si utilizzano file criptati salvati su memorie esterne o PC conservati al di fuori degli ambienti aziendali.



In buona sostanza l'azienda si trova ad avere due contabilità, una "ufficiale", periodicamente sottoposta alle verifiche e controlli dai vari organismi a ciò preposti (revisori dei conti, sindaci, internal auditor, comitati per il controllo e organismi di vigilanza) e un'altra, "parallela" o "reale", contenente tutte le rilevazioni contabili, sia quelle ufficiali sia quelle occulte ed illegittime.




Chi ha accesso alla contabilità nera, conseguentemente, conosce ogni aspetto della situazione dell'azienda sotto tutti i profili: gestionale, amministrativo, economico, finanziario, patrimoniale eccetera, eccetera.
La contabilità parallela dunque risulta essere la sola contabilità veritiera. Mentre la contabilità ufficiale risulta essere falsa o incompleta, con la conseguenza che ogni comunicazione sociale diffusa dell'azienda sarà inficiata da tale grave difetto.

Si tenga presente che la contabilità è una fonte informativa primaria, grazie alla quale si alimentano tutte le altre comunicazioni sociali, ma è anche una fonte "unilaterale" dell'imprenditore, che solo tramite determinate procedure di audit contabile può essere confermata.

Il fenomeno delle frodi contabili si complica ancora di più se nella contabilità ufficiale, a prescindere dall'esistenza di contabilità parallele, sono iscritte anche operazioni illegittime ma verosimili o ragionevolmente attendibili. Anche in questo caso la contabilità sarà intaccata da difetti tali da renderla potenzialmente non veritiera, ma di quest'ultima fattispecie si è già diffusamente scritto in altre occasioni.


domenica 6 settembre 2015

Derivati finanziari: quale governance? (Roma, 14 settembre 2015)


DERIVATI FINANZIARI:
QUALE GOVERNANCE?
Profili giuridici finanziario-quantitativi ed economico contabili


LUNEDI' 14 SETTEMBRE
ORE 16.00 - 19.30
SALA DELLA REGINA - PALAZZO MONTECITORIO 


Si segnala il convegno incentrato sull'annoso, ma ignorato, tema dei derivati finanziari in cui con tre tavole rotonde tecniche si accoglie l'invito di alcuni deputati del M5S a dare pluralità di visione e soluzioni tecniche ragionevoli a questa spada di Damocle che incombe sui bilanci pubblici e su bilanci di società private.

I valori in gioco per lo Stato sono enormi, oltre 42 miliardi di perdite potenziali al 31 dicembre scorso, 16,9 miliardi di costi accumulati negli ultimi 4 anni.

AssoTAG (l'Associazione Italiana dei Periti e dei Consulenti Tecnici nominati dall'Autorità Giudiziaria) ritiene che il tema dei derivati finanziari meriti una specifica attenzione per il potenziale rischio di impatto finanziario e rischio di elusione delle indicazioni della Carta Costituzionale.

Ne parleranno tanti esperti, tra cui economisti, specialisti finanziari, magistrati e giornalisti con il seguente programma:

SALUTO INTRODUTTIVO
Dino Alberti - portavoce M5S
Daniele Pesco - portavoce M5S

TAVOLA ROTONDA - PROFILI GIURIDICI
Modera: Alfonso Scarano - Presidente AssoTAG
Francesco Bretone - PM Procura della Repubblica di Bari
Emilio Girino - Docente Dipartimento Finance CUOA
Carla Raineri - Giudice Corte d'Appello di Milano
Luca Zamagni - Avvocato

TAVOLA ROTONDA - PROFILI FINANZIARIO-QUANTITATIVI
Modera: Marcello Frisone - Redattore Il Sole 24 Ore
Marcello Minenna - Docente Dipartimento Finance, Università Bocconi
Umberto Cherubini - Docente Dipartimento di Scienze Statistica, Università di Bologna
Rita Laura D'Ecclesia - Docente Finanza Quantitativa, Università Sapienza di Roma e Birkbeck University of London
Gustavo Piva - Facoltà di Economia, Università degli Studi di Roma 'Tor Vergata'

TAVOLA ROTONDA - PROFILI ECONOMICO/CONTABILI E DI GOVERNANCE
Modera: Luca Piana - Caposervizio Economia presso L'Espresso
Roberto Tasca - Dipartimento di Scienze Aziendali, Università di Bologna
Cinthia Pinotti - Magistrato della Corte dei Conti
Giuseppe Bivona - Ingegnere finanziario
Nicola Benini - Consigliere AssoTAG e Partner IFA Consulting

CHIUSURA DEI LAVORI
Carla Ruocco - portavoce M5S
Alessio Villarosa - portavoce M5S


Brochure: cliccare (QUI)
Per partecipare è necessario compilare questo form: https://goo.gl/98dhJZ
Per gli uomini è obbligatoria la giacca.



sabato 5 settembre 2015

Il Tribunale di Milano mette un freno alle traduzioni “selvagge”

di Anne Albertini *


A partire dal 10 luglio 2015, su provvedimento della Dott.ssa Giovanna Gentile, Presidente della X sezione Civile del Tribunale di Milano e della Commissione C.T.U., il giuramento delle traduzioni è consentito esclusivamente agli iscritti all’Albo dei Consulenti Tecnici d'Ufficio del Tribunale ovvero al ruolo Periti ed Esperti della Camera di Commercio, categoria "traduttori/interpreti" ovvero agli iscritti ad Associazioni Professionali Interpreti e Traduttori aventi rilevanza ex Legge n. 4/2013, nonché agli iscritti ad elenchi ufficiali di traduttori e interpreti di Enti aventi rilevanza pubblica.

Questa misura ha riscosso un unanime consenso e gradimento, non solo da parte dei periti iscritti all'Albo ed al ruolo della Camera di Commercio, ma anche da tutti i professionisti che hanno necessità di traduzioni asseverate nell'ambito della loro attività.

La ratio di questo provvedimento è indicata chiaramente nella stesura del provvedimento:
Premesso che è in aumento esponenziale il numero delle richieste di giuramento e di asseverazione di traduzioni/perizie;
- rilevato che le stesse vengono più spesso presentate da richiedenti che non conoscono la lingua di provenienza del documento e/o la lingua italiana;
- rilevato che plurimi sono stati casi in cui i funzionari sono stati interpellati da Procura della Repubblica e Forze dell’Ordine in merito a traduzioni di documenti risultati falsi e che gli stessi sono stati citati come testi in processi penali nei quali si discuteva anche della falsità delle traduzioni/perizie giurate e asseverate presso il Tribunale di Milano...
”.
(https://www.tribunale.milano.it/files/PROVVEDIMENTO%20PRESIDENTE%20COMMISSIONE%20C.T.U..pdf).

Il fenomeno delle traduzioni non fedeli all'originale è diffuso non solo in campo penale ma in ogni ambito lavorativo.

La misura adottata dal Tribunale di Milano va senz'altro lodata in quanto l’esigenza di tutela dei beneficiari di traduzioni asseverate è preminente.
Tuttavia, questa rimane una misura isolata e circoscritta al Tribunale di Milano. Nei tribunali limitrofi, il giuramento è ancora consentito a chiunque, con tutte le problematiche che ciò comporta (ben evidenziate dal provvedimento).

Una vera e propria tutela dei clienti delle traduzioni asseverate e, più in generale, di ogni tipo di traduzione, non può essere garantita che con l’intervento di professionisti dotati delle necessarie competenze e conoscenze, come per ogni professione.

La misura adottata dal Tribunale di Milano va sicuramente in questo senso e l’auspicio è che le motivazioni del provvedimento consentano agli utenti di percepire i rischi a cui vanno incontro rivolgendosi a traduttori improvvisati: incomprensioni, documenti inutilizzabili, tempi più lunghi per risolvere problemi, oneri aggiuntivi.

Nell'attesa che gli altri tribunali seguano l’esempio di Milano, invitiamo chi avesse necessità di un documento tradotto e/o asseverato a consultare:

_____________________________
* Giurista Linguista,
C.T.U. del Tribunale Civile e Penale di Milano per le lingue inglese e francese
Perito della CCIAA di Milano





martedì 1 settembre 2015

Piani anti-corruzione: sono realtà anche in Italia?

La corruzione è una piaga diffusa in tutto il mondo economico.
E' una patologia endemica che altera il mercato inducendolo ad effettuare scelte irrazionali in termini di competitività e concorrenza, rallentandone, di fatto, lo sviluppo sano e coerente.
Senza contare che un mercato pesantemente intaccato dalla corruzione, quale quello italiano, determina danni di sistema immensi, determinati dalla fuga degli investitori e dai più alti costi tributari caricati sull'intera collettività.


Per contrastare questo fenomeno negli ultimi anni gli ordinamenti giuridico-economici più moderni hanno coinvolto le aziende e più in generale ogni operatore economico, nella lotta alla corruzione, agendo soprattutto grazie all'introduzione di un sistema sia incentivante sia sanzionatorio.
Più in particolare, se da una parte si è teso sollecitare l'azienda all'introduzione di modelli di governance specificatamente strutturati per prevenire le condotte corruttive a tutto vantaggio della redditività, dall'altra si è introdotto un sistema sanzionatorio per le società nel cui interesse e vantaggio il corrotto/corruttore abbia commesso l'atto illecito.

L'attività corruttiva, infatti, nelle sue tre diverse declinazioni previste dagli artt. 318-322 c.p., 322 bis c.p. e 2635 c.c., è considerata un "reato presupposto" per l'applicazione della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche ai sensi del D.Lgs. 8 giugno 2001, n.231,

Ma come organizzare un programma aziendale anti-corruzione? E quali benefici immediati si possono ottenere introducendo tali modelli?

I cosiddetti "programmi di compliance anti-corruzione" sono piuttosto diffusi nel mondo economico anglosassone e portano una serie di benefici non soltanto nella gestione della responsabilità legale dell'azienda.
I vantaggi derivanti dall'introduzione di tali modelli organizzativi sono concreti ed evidenti, ad esempio, nella gestione del rischio reputazionale o nel favorire l'instaurazione di una cultura aziendale etica ed integra oppure ancora, nel facilitare una buona efficienza operativa rivisitando con spirito critico i meccanismi di funzionamento dei processi aziendali che potrebbero essere intaccati dalla corruzione.

Sono ormai consolidati nella pratica professionale i criteri di redazione di un buon piano anti-corruzione. E da tali esperienze sul campo, sono state elaborate autorevoli linee guida redatte da prestigiosi organismi internazionali quali, per citarne alcuni, Transparency International, OCSE, World Bank e World Economic Forum.

Queste "best-practice", che saranno argomento di futuri articoli sul blog, hanno il grande pregio di fissare criteri comuni e universalmente riconosciuti come idonei ed efficaci nel contrastare i fenomeni corruttivi.
E, pertanto, utili a definire un buon programma anti-corruzione.

In Italia va aumentando il numero delle aziende interessate a dotarsi di tali modelli organizzativi, in particolare quelle realtà economiche i cui titoli azionari sono quotati nei mercati regolamentati.
Ma attenzione! Perché solo se si saprà sviluppare tali modelli secondo i criteri più moderni ed evoluti, si potrà osservare un concreto miglioramento nelle statistiche che tanto puntualmente, quanto drammaticamente, misurano l'incidenza della corruzione italiana.


domenica 2 agosto 2015

Colletti sporchi e l'esigenza di nuovi modelli teorici

di Stefano Martinazzo*


Ho da sempre considerato di notevole interesse l'approfondimento delle vicende legate ai grandi scandali economico-finanziari accaduti negli ultimi decenni, soprattutto per comprenderne le dinamiche scatenanti. 

Per la professione che svolgo è infatti assai utile analizzare le caratteristiche umane e morali di quei potentissimi manager che con il loro comportamento illecito hanno determinato un grave dissesto, se non il fallimento della loro azienda. 
Le cronache recenti, tanto compiutamente rappresentate sui giornali e nei programmi televisivi, non hanno omesso di delineare con efficacia e assoluta competenza, il profilo psicologico del criminale di turno, mostrandone con particolare enfasi i lati oscuri della personalità. 

Grazie a questi resoconti è emerso che i responsabili delle frodi economico-finanziarie di vaste dimensioni erano usi a vivere da onnipotenti in una sorta di lucente realtà parallela, nella quale erano fatti oggetto di adulazione da parte di eserciti di cortigiani pronti a servirli in tutti i modi. 

Molti di loro sono stati descritti come arroganti e intransigenti o come opportunisti che hanno saputo coltivare esclusivamente il proprio tornaconto, con l'obiettivo di rafforzare allo stesso tempo, la propria gloria e la propria influenza sull'economia, la finanza e la politica. Tutto questo a danno di realtà aziendali un tempo floride e competitive. 
Si tratta di personaggi che la storia ha dimostrato essere ugualmente opachi e geniali, capaci di attuare con freddezza i più raffinati piani criminali muovendosi con naturalezza e disinvoltura nei salotti buoni della finanza. La posizione di privilegio e potere ha, di fatto, garantito loro una qualche protezione dagli "infortuni" giudiziari, ciò comportando un ulteriore deterioramento della fiducia dei cittadini verso le Istituzioni. Sin qui la cronaca di ieri e di oggi. 

Le considerazioni e gli insegnamenti derivanti da queste vicende sono varie, ma una su tutte, a parer mio, è evidente: le sorti dell'economia e quindi del benessere collettivo, sono state per troppi anni lasciate nelle mani di questi top manager, abituati ad affrontare le decisioni strategiche con lo sguardo concentrato più sui propri fringe benefit piuttosto che sulle esigenze di una giustizia sociale. Il lusso, la ricchezza e l'opulenza smisurata vissuta da questi soggetti ha contribuito in modo decisivo ad indebolirli dal punto di vista morale. 

Ed è proprio questo il punto! 

Si tratta di un circolo vizioso che si alimenta attraverso la necessità continua di progredire nel potere e nella ricchezza anche, o soprattutto, facendo ricorso a pratiche disoneste. Una vera sfida intellettuale per gli studiosi che ricercano modelli teorici in grado di decifrare tali comportamenti. 

Per questo motivo, a mio avviso, le teorie più tradizionali sulle frodi aziendali non sono più idonee a comprendere i fenomeni legati al crimine economico. Basti solo pensare che gli studi teorici ancora oggi più citati in letteratura poggiano i loro assiomi sulle osservazioni statistiche condotte a partire dagli anni ’40 del secolo scorso. 
A tal proposito si usano ricordare gli studi empirici sul “white collar crime” condotti da Donald R. Cressey, le cui risultanze sono state pubblicate nel 1973 nel volume “Other People’s Money: A Study in the Social Psychology of Embezzlement”. 

L'approccio scientifico adottato da questi studi si basa soprattutto sulle analisi relative alle condizioni iniziali capaci di trasformare un soggetto onesto in un frodatore seriale. In buona sostanza la frode si realizza, secondo Cressey, quando l’impianto etico del soggetto non è più in grado di inibire le pressioni indotte dalla continua ricerca di appagamento dei bisogni. Conseguentemente, appena individuata un’opportunità, tale soggetto non esiterà a commettere la frode. 

E’ quindi da attribuire ad un fatto esterno all’individuo la causa primaria che determina il conseguente cedimento morale che porta a frodare. In altre parole la ragione del comportamento illecito non è determinata tanto dalla libera iniziativa del soggetto, quanto, al contrario, da una induzione esterna determinata dall’insieme delle condizioni ambientali e sociali. L’archetipo pensato da Cressey è il tipico frodatore degli anni ‘50/’60 del 1900, un individuo piuttosto ingenuo, che agisce da solo, attuando la truffa in maniera quasi improvvisata, mediante l’utilizzo di schemi elementari e ripetitivi.

Si tratta di un soggetto con mansioni che implicano medie responsabilità, considerato affidabile agli occhi dei colleghi. E’ un buon cittadino solitamente abituato a rispettare le Istituzioni ma che si trova, in seguito alle circostanze avverse della vita, a soccombere al desiderio di risolvere le necessità economiche di tutti i giorni attraverso il comportamento illecito. 

Caratteristiche, queste, palesemente differenti da quelle proprie del frodatore moderno. 

Oggigiorno, infatti, sono i più blasonati colletti bianchi ad essere sporchi, non per necessità o per debolezza, ma per lucida e del tutto volontaria ricerca di potere! 

Solo negli ultimi anni e solo in seguito ai colossali scandali economico-finanziario, sono stati condotti studi teorici finalizzati ad aggiornare i modelli di Cressey. 
 Si pensi ad esempio alla “Fraud Scale Theory” introdotta da Steve Albrecht, Keith Howe e Marshall Romney nel testo “Deterring Fraud: The Internal Auditor’s Perspective” pubblicato dall’Istitute of Internal Auditors Research Foundation nel 1984 o alla “Fraud Diamond Theory” presentata da David T. Wolfe e da Dana R. Hermanson nel 2004 sul “The CPA Journal” oppure alle recentissime ricerche condotte dal professor Jason Thomas della West Virginia University il cui esito ha originato il “The MICE Model” (dove “MICE” è acronimo di: Money, Ideology, Coercion e Ego/Entitlement) illustrato nel volume di Mary-Jo Kranacher, Richard A. Riley Jr. e Joseph T. Wells, “Forensic Accounting and Fraud Examination”. 

Ricerche senza dubbio importanti e di frontiera, ma che non esauriscono certamente l’esigenza del Sapere in questo settore. 
A mio avviso infatti, sull'argomento ci sono ancora ampi e formidabili margini di ricerca scientifica, in vari ambiti multidisciplinari quali quello antropologico, sociologico, criminologico, economico-finanziario e giuridico; anche in considerazione del fatto che le pratiche fraudolente si raffinano giorno dopo giorno, mutando continuamente di forma e modalità di esecuzione. 

Inoltre gli schemi di frode saranno facilitati nel futuro dalle tecnologie, e questo rappresenta un terreno lasciato pericolosamente inesplorato. 
Per tutti questi motivi è fondamentale investire risorse adeguate nella ricerca scientifica. La ricerca consentirebbe, senza dubbio, una più incisiva azione di contrasto agli illeciti aziendali, mirata ad intercettare ed interrompere sul nascere eventi riconosciuti come potenzialmente idonei a scatenare il comportamento illecito ovvero ad identificare con rapidità i primi sintomi di una frode già in essere.

*Forensic accountant, Dottore commercialista, Revisore legale dei conti.
anche su Legalcommunity.it


lunedì 27 luglio 2015

Bilanci falsificati. Tutta colpa del terremoto?

Era un freddo venerdì di marzo del 2011, quando alle 14:46 si verificò al largo della regione di Tōhoku il più potente terremoto mai misurato in Giappone, il settimo per potenza di tutti i tempi moderni.
Tutte le sei prefetture delle regione - Akita, Aomori, Fukushima, Iwate, Miyagi e Yamagata - furono gravemente danneggiate dopo i 6 minuti di sisma ad un magnitudo del 9.0 della scala Richter.

A 100 km dalla terraferma, nei dintorni della faglia terrestre chiamata "anello di fuoco del Pacifico", 390 km di fondale oceanico si ruppero innalzandosi di 12 metri in una frazione di secondo. Ciò provocò anche una frana sottomarina di enormi proporzioni.
La pressione esercitata sulla massa d'acqua soprastante fu di alcune tonnellate per centimetro quadrato. La forza accumulata dalle due placche oceaniche che scorrono in direzioni opposte spinse l'acqua verso l'alto formando un'onda con una potenza incalcolabile.

Onde alte 15 metri raggiunsero una velocità di circa 750 km/h. La costa più colpita fu quella della prefettura di Iwate, dove si registrò un'onda di 40,5 metri.
L'asse terrestre si inclinò di circa 17 centimetri e il territorio giapponese ebbe uno spostamento verso Est di circa 4 metri.

Un'onda di 14 metri superò facilmente le barriere anti-tsunami poste a protezione della centrale nucleare di Fukushima che erano state progettate per resistere ad onde alte fino a 6,5 metri. Iniziò un effetto domino che provocò 4 diversi incidenti in successione, uno più grave dell'altro.
L'acqua di mare si infiltrò nei locali dei generatori diesel di emergenza interrompendo l'elettricità, ciò produsse un aumento delle temperature all'interno dei reattori. La pressione dovuta ai vapori di idrogeno a 1.200 °C e una scossa di assestamento dell'8° gradi della scala Richter, innescarono l'esplosione del rivestimento esterno del reattore n.1.
Poco dopo anche il reattore n. 3 detonò a causa della fissione di parte del materiale radioattivo che fece evaporare l'acqua contenuta nella piscina di raffreddamento.
A seguito di una situazione ormai ingovernabile, la TEPCO, proprietaria degli impianti di Fukushima, dichiarò lo stato di emergenza, portando le autorità ad evacuare la popolazione residente in un primo momento entro i 3 km dall'impianto e successivamente entro un raggio di 30 km dalla Centrale (circa 170.000 persone).
I disastri provocati dal sisma dell'11 marzo 2011 fecero registrare 15.704 morti.

Ma cosa c'entra tutto questo con il blog "Fraud auditing & Forensic Accounting"?
C'entra eccome.

Pochi giorni fa Hisao Tanaka CEO di Toshiba e il suo vice chairman, Norio Sasaki, hanno comunicato le dimissioni per un'indagine che il governo giapponese sta svolgendo, mirata a verificare in che misura alti dirigenti della società abbiano falsificato i libri contabili.


I dirigenti della Toshiba avrebbero deciso di truccare i bilanci per mascherare le perdite successive al disastro della centrale nucleare di Fukushima, in quanto tra i vari settori nella quale l'azienda opera vi è anche quello della progettazione e fornitura di reattori nucleari.
Altre fonti, tuttavia, sostengono che la manipolazione delle scritture contabili avrebbe avuto inizio già dall'esercizio 2008, cioè molto prima del gravissimo terremoto del 2011.

La frode contabile, quindi, sarebbe durata almeno quattro anni e ammonterebbe a 1,5 miliardi di euro nelle migliori delle ipotesi, toccando i 3 miliardi di euro nelle peggiori. 
La maxi multa che quasi certamente la società dovrà versare non è al momento quantificabile.



lunedì 13 luglio 2015

Truffa di Valentin, il bambino siberiano

E' bene premettere che siamo tutti esposti alla "truffa di Valentin", almeno che non si utilizzi la posta elettronica!
Forse almeno una volta nella vita ci è capitato di leggere una mail del tipo:

"Sono un bambino di nome Valentin Mikhaylin, ho 12 anni e sono molto povero. Abito a Tomsk, una ragione sud-occidentale della Siberia. Mia mamma Elena è afflitta da un male incurabile e non può badare a me e ai miei 3 fratellini. Qui fa sempre freddo e non sappiamo proprio come andare avanti! Ti chiedo di fare solo una piccola offerta di denaro e io ti spedirò in cambio una nostra fotografia ed alcuni audio musicali che con i miei fratellini abbiamo registrato per te. Ti prego di inviare il denaro utilizzando i seguenti codici..... grazie! Valentin".
Quasi sempre al messaggio di posta elettronica è allegata la fotografia di un bambino molto povero che chiede l'elemosina in una grande piazza ghiacciata.

Messaggi come quello riportato sopra, appartenenti al grande insieme delle cosiddette "truffe alla nigeriana", si diffusero a partire dal 1999 ad opera di uno spammer russo residente a Kaluga, cittadina di 320.000 abitanti distante 188 km da Mosca. 
Le prime truffe alla nigeriana sono molto più antiche ed elaborate (le prime e-mail risalgono al 1994) e si presentano nel modo seguente:

"Sono Danjuma Gwarzo, figlio di Alhaji Ismaila Gwarzo, ex consigliere per la sicurezza del defunto ex capo di Stato nigeriano Sanni Abacha. Mi rivolgo a te in quanto ho bisogno di un intermediario discreto e anonimo per sbloccare il mio conto corrente (n....) acceso presso la Banca Nazionale Nigeriana... sul quale sono depositati 57 milioni di dollari. In cambio del tuo aiuto mi impegno fin d'ora a versarti il 2% della giacenza... Per il momento dovresti anticiparmi una piccola somma per liquidare la parcella dell'avvocato che si occuperà della pratica... ".
Tale truffa è chiamata anche "Nigeria scam" o "419 scam" (419 è il numero della legge nigeriana, evidentemente ignorata, che rende illegali questi inviti).




Tali messaggi sono inviati contemporaneamente a centinaia di migliaia di destinatari in varie versioni e lingue a seconda del paese che si vuole colpire. Ed è inutile osservare che una percentuale dei destinatari cade in trappola inviando denaro secondo le istruzioni contenute nella email.

Si calcola che l'ammontare globale stimato delle "truffe alla nigeriana" ha raggiungo i 10 miliardi di dollari nel 2010 (ultima rilevazione disponibile), con incrementi esponenziali negli anni precedenti.
I circa 50.000 criminali (stima) che utilizzano questo schema di truffa operano in 152 paesi penetrando in mercati relativamente vergini quali la Cina, l'India, il Vietnam e i paesi emergenti africani. 
Nel 2009, solo in Italia, sono stati registrati circa 1.200 attacchi che hanno portato alle casse dei criminali una somma pari a 320 milioni di dollari.


martedì 7 luglio 2015

Gruppo COMBAS a Radio24 (sabato 11 luglio)

Il Gruppo COMBAS, per la difesa dei diritti dei contribuenti, informa che il prossimo sabato 11 luglio sarà presente a Radio 24, nel corso del programma “I conti della belva” in onda dalle 10,00 alle 12,00. 

Nel corso del programma si parlerà del caso dei dirigenti decaduti dell’Agenzia delle Entrate, le conseguenze e le azioni possibili.

Il programma è condotto da Oscar Giannino, giornalista, e Carlo Alberto Carnevale Maffè, professore ordinario di Strategia all'Università Luigi Bocconi di Milano.


venerdì 26 giugno 2015

La Legge di Benford nella lotta alle frodi contabili

"Il tempo stringeva. Si lavorava giorno e notte per far quadrare i conti. 
Ma nulla. Ogni soluzione portava al medesimo risultato: una perdita tale da azzerare l'intero capitale sociale. Anzi da rendere addirittura negativo il patrimonio aziendale di parecchi milioni di euro.
La data di approvazione del bilancio si stava avvicinando.
Solo 3 giorni per trovare una soluzione!
Una via di uscita che doveva andare oltre gli espedienti convenzionali basati sul ricorso alle "ordinarie" cosmesi di bilancio. Una soluzione che non poteva riguardare la sola maggiorazione fittizia delle poste valutative. Troppo facile ed anche inutile.



La situazione era davvero catastrofica.
Insomma bisognava tentare un'opzione straordinaria!

Così, nottetempo, il capo contabile fece quel passo che sapeva essere senza ritorno. 
Da quel momento in poi tutto sarebbe cambiato ...nel caso fosse stato scoperto.
Inserì le credenziali di amministratore per accedere al sistema contabile ed iniziò a modificare gli importi in modo tale da far tornate l'equilibrio di bilancio. 
Lavorò ininterrottamente per 5 ore...".

Quando nel 1881 un astronomo di nome Simon Newcombe pubblicò sull'American Journal of Mathematics il risultato di uno studio basato sulle tavole logaritmiche, ancora nessuno poteva immaginare che quel metodo logico-matematico poteva essere applicato nell'individuazione delle frodi contabili.
La sua scoperta, tuttavia, fu dimenticata sino a quando un'altro fisico e ingegnere statunitense di nome Frank Benford pubblicò nel marzo 1938 un articolo dal titolo "La legge dei numeri anomali" che traeva origine dagli studi fatti da Newcombe.

(a sinistra Simon Newcombe e a destra Frank Benford)

Nacque così la famosa, almeno per noi forensic accountant, "Legge di Benford".

Benford, in buona sostanza, dimostrò che la distribuzione delle prime cifre di un gruppo di numeri non è casuale ma segue un andamento basato sulle probabilità. 
In altre parole, se si calcolassero le frequenze di un insieme di numeri si arriverebbe ad affermare che i numeri con "1" come prima cifra dovrebbero essere circa il 30% della serie numerica, mentre i numeri con il "9" come prima cifra apparirebbero solo nel 4,5% dei casi.

Insomma una legge piuttosto curiosa ma ancora non applicabile all'individuazione delle manipolazioni contabili. Bisognava fare un'ulteriore passo avanti.

Fu grazie agli studi di un terzo fisico, matematico e ingegnere, il sudafricano Mark J. Nigrini, se la Legge di Benford fu applicata nella metodologia della forensic accounting.
Nel 1992 per la prima volta fu sperimentata su casi reali di frode aziendale, con successo!

(Mark J. Nigrini)

Grazie agli studi di Nigrini, la Legge di Benford oggi è applicata sempre più spesso per fare emergere anomalie riconducibili a possibili manipolazioni massive delle scritture contabili o, in generale, di ogni altro insieme numerico di natura economico-finanziaria.
A tal proposito sono fondamentali i seguenti scritti di Nigrini:
  • Forensic Analytics: Methods and Techniques for Forensic Accounting Investigations. Hoboken. John Wiley & Sons Inc. (June 2011) 
  • Benford's Law: Applications for Forensic Accounting, Auditing, and Fraud Detection. John Wiley & Sons Inc. (2012); 
  • Lessons from an $8 million fraud. Journal of Accountancy (August 2014). 
Di tutto questo il famoso capo contabile, protagonista delle righe iniziali, forse anche un po' profano di logiche matematiche, non ha tenuto conto. 
Infatti, se si fosse applicata la Legge di Benford agli importi manipolati dal contabile, sarebbero emerse anomalie e incongruenze statistiche tali da attirare l'attenzione degli apparati di controllo aziendali, con la conseguente individuazione della frode.




sabato 20 giugno 2015

Dove Osama Bin Laden ha fallito, i colletti bianchi hanno trionfato

Recenti studi hanno dimostrato che l’attuale crisi economica ha avuto origine da una frode aziendale di enorme portata: il crack della Lehman Brothers.
La truffa che ha destabilizzato l’economia e la politica globale può essere ridotta a una semplice appropriazione indebita commessa per mano di Richard Severin Fuld, amministratore della blasonata istituzione finanziaria.
Fuld, infatti, abusando dei suoi poteri è riuscito a manipolare i bilanci della società e a trasferire illecitamente 300 miliardi di dollari verso i conti di deputati e senatori del Congresso americano e a occultare le vere retribuzioni che riservava a se stesso e che si presume ammontino a 529 milioni di dollari.

Un altro caso drammatico riguarda la Enron.
Tra le più grandi multinazionali operanti nel settore dell’energia, la Enron Corporation nel 2001 dichiarò il fallimento a seguito di una frode aziendale perpetrata da propri dirigenti di alto rango.
In particolare le indagini rivelarono che l’amministratore delegato, Jeff Skilling, aveva manipolato i dati per lungo tempo mantenendo alto il livello dei redditi aziendali anche nei momenti di crisi.

Con queste premesse storiche e con la consapevolezza che le grandi frodi aziendali saranno sempre più pericolose per l'intera collettività, il primo network investigativo in Italia, Axerta Investigation Consulting, tramite il suo Osservatorio Nazionale sulle Investigazioni Aziendali, ha presentato di recente una serie di statistiche sul fenomeno.
Si tratta di una prima iniziativa di studio e di ricerca mirata allo sviluppo di nuovi servizi investigativi rivolti ai diversi settori economici, con il fine di ricercare tecniche sempre più efficaci nell'ambito della prevenzione, della deterrenza e dell'indagine interna.

In base alle ricerche di Axerta Investigation Consulting, il fenomeno degli illeciti aziendali è fortemente presente nelle organizzazioni italiane.

In particolare, il 41% degli intervistati ha dichiarato che la propria azienda è stata vittima di frode.
Le aziende più colpite dal fenomeno sono quelle operanti nell'ambito dei trasporti, logistica e spedizioni, seguono le aziende del settore automobilistico, dell’intrattenimento e dei servizi e le aziende manifatturiere, sanitarie ed afferenti il retail & consumer.

L’incidenza media annua registra dalla ricerca di Axerta è pari a 10 fenomeni fraudolenti per ogni azienda, mentre la tipologia di frode più diffusa (87%) resta l’appropriazione indebita di ricchezze aziendali. Seguono con il 73% di risposte, l’utilizzo improprio degli strumenti aziendali a pari merito con l’assenteismo e l’utilizzo improprio di permessi speciali (permessi sindacali, familiari, ex L. 104/92).

L’infedeltà di dipendenti, dirigenti, amministratori e soci è al terzo posto delle cause di frode con il 67% delle risposte (il 53% delle quali è registrata nella sola area acquisti). Seguono gli atti vandalici (47%) e le frodi informatiche (con il 13% di segnalazioni in deciso rialzo), lo spionaggio industriale (13%) e la violazione della proprietà intellettuale (13%). Chiude la concorrenza sleale con il 7% di segnalazioni.

Indispensabile si rileva la figura del Security Manager, infatti la quasi totalità delle aziende intervistate (93%) ha dichiarato di aver intercettato la frode attraverso la funzione di security aziendale interna, fisica ed IT. Segue l’internal audit (73%) che conferma l’importanza delle verifiche di routine interne. A seguire le indagini investigative esterne con il 47% e le delazioni interne (40%).

Ma come hanno reagito le aziende all'evento fraudolento?
Nel 73% dei casi si sono attuati procedimenti disciplinari e nel 67% dei casi si è proceduto con il licenziamento. Nel 60% dei casi l'azienda si è ricolta all'Autorità Giudiziaria mentre nel 40% dei casi si è avvalsa del supporto di una società investigativa esterna.



venerdì 12 giugno 2015

Sentenza Corte Costituzionale n. 37/2015: nullità della cartella impugnata

di Giorgio BRUGHERA*


La sentenza della Consulta n. 37/2015 del 17 marzo 2015 ha fatto decadere le nomine dei “dirigenti incaricati” in quanto violati gli artt. 3, 51 e 97 Cost.

In merito agli atti da questi sottoscritti, nonché quelli sottoscritti dai soggetti da questi delegati, viziati in sede di firma ex L.241/90 da “difetto assoluto di attribuzione”, si è aperta la questione in merito alla loro nullità: con una prima e chiara sentenza della CTR Lombardia, la n. 2184/13/2015, è stata statuita la radicale nullità di tutti gli atti sottoscritti dagli “incaricati” e, di conseguenza, dai soggetti da questi delegati. 

La sentenza 2184 dice: …il punto è che la delega doveva essere concessa sempre da dirigenti legittimamente nominati a seguito di concorso ma non ex-lege come, in realtà, è avvenuto” e specifica che “…sul punto della nullità degli atti amministrativi firmati da dirigenti illegittimi, non sembra esservi ombra di dubbio sulla loro caducità”.

In merito alla rilevabilità della nullità, la CTR afferma: “Per effetto delle norme della legge 241/90, applicabili anche al processo tributario per espressa previsione normativa … la nullità può essere rilevata in qualunque stato e grado del processo, anche d’ufficio come statuito dalla Sentenza n.12104 del 2003 dalla Corte di Cassazione”.

La cartella impugnata è stata emessa in base ad un ruolo formato dalla Direzione Provinciale Milano II, a capo della quale, al momento della formazione e sottoscrizione del ruolo, vi era un “dirigente incaricato” dichiarato poi decaduto.

Il ruolo, come da D.P.R. 602/1973, art.12, comma 4, diventa esecutivo con la firma, anche in forma elettronica, del “titolare dell’ufficio o da un suo delegato”.

In base al D. Lgs. 165/2001 e allo Statuto dell’Agenzia delle Entrate, titolare dell’Ufficio deve essere un dirigente.
Nel caso in specie non essendo, in base alla citata sentenza della Consulta, il Dirigente in possesso di nomina valida ovvero il delegato titolare di una delega valida, vi sono tre effetti:
  1. Il ruolo non è esecutivo, motivo per cui la cartella impugnata è nulla; infatti la cartella di pagamento può essere emessa solo se il ruolo è esecutivo ex art.12, comma 4, D.P.R.602/1973. La mancanza di esecutività del ruolo rende inesigibile la pretesa tributaria, rendendo nullo/annullabile qualunque atto di riscossione ad esso collegato.
  2. Il ruolo non si è formato correttamente ed è nullo per difetto di attribuzione in sede di firma, fatto che viene a coinvolgere in toto la sua validità poiché la giurisprudenza rileva che il ruolo sia un atto amministrativo prodromico alla riscossione coattiva, che si forma e diviene esecutivo con la firma o di un suo delegato: in base alla citata sentenza della CTR “… sul punto della nullità degli atti amministrativi firmati da dirigenti illegittimi, non sembra esservi ombra di dubbio sulla loro caducità”, caducità che investe anche gli atti sottoscritti dai soggetti da questi delegati.
  3. Il ruolo è nullo per omesso controllo ai sensi dell’art.17, comma 1, lett. d) del D.Lgs. 165/2001, che prevede come compito del dirigente, appunto, quello di controllare l’operato del responsabile della pratica. Tale controllo assume una rilevanza essenziale in quanto il dirigente, in tale sede, è l’unica garanzia per il contribuente che il ruolo sia stato formato ed emesso in base al principio di legalità, ai principi di buon funzionamento e imparzialità dell’amministrazione (art.97 Cost.).
La nullità della cartella impugnata si profila dunque sotto tre diversi rilievi d’illegittimità.

*   *   *

Nel caso in cui abbiate riscontrato una serie di irregolarità, ad esempio richiesta di somme che risultano pagate con conseguente duplicazione dell’imposta in spregio al divieto dell’art.163 D.P.R. 600/73, potete aggiungere una frase di questo tenore al terzo motivo dell’eccezione:

E’ evidente, stante le eccezioni, argomentazioni e prove documentali di seguito esposte, che tale controllo sia stato omesso con un palese arbitrio verso il ricorrente, richiesto di somme non dovute e della cui estinzione dell’obbligazione tributaria sottostante, come provato, l’Amministrazione Finanziaria era sicuramente a conoscenza.



* Giorgio BRUGHERA è Dottore Commercialista iscritto all'Ordine di Milano e membro del Gruppo COMBAS



venerdì 5 giugno 2015

Il gruppo di influenza occulta e l'archivio segreto della Esso (di Carlo Calvi)

5^ puntata
[per la 4^ puntata cliccare QUI]


Ian Logie mi confermò di essere stato presente ad incontri tra John Patrick Silcock della Rothschild e Florio Fiorini. Le entità offshore Hydrocarbons e Tradinvest avevano ottenuto emissioni obbligazionarie gestite da NM Rothschild in stretti rapporti con Fiorini. Fiorini lasciò l’ENI e acquisì alla fine del 1982 dall’APSA del Vaticano la Sasea di Ginevra.

Da Ministro del Tesoro Andreatta nella dichiarazione al PM Luigi Fenizia disse di essere stato informato da Carlo De Benedetti di una sua iniziativa di contatto con il Vaticano circa l’esposizione estera dell’Ambrosiano. Al processo per la bancarotta del Banco Ambrosiano a domanda del PM Pierluigi Dell’Osso ha rettificato la precedente dichiarazione precisando che era stato il Vaticano a prendere contatto con De Benedetti e non viceversa.

Secondo Orazio Bagnasco, che doveva partecipare al piano proposto da Florio Fiorini, esisteva uno scambio di informazioni tra Roberto Rosone del Banco Ambrosiano e il consigliere Carlo De Benedetti per il tramite di Francesco Micheli.

Francesco Micheli fu portavoce di Carlo De Benedetti nella vicenda relativa al suo ingresso nel consiglio del Banco Ambrosiano. Io lo incontrai alla nostra casa di Drezzo con Carlo De Benedetti nel novembre 1981. A Drezzo in quel periodo incontrai anche Carlo Binetti che il Ministro Beniamino Andreatta aveva nominato come rappresentante alla Banca di Sviluppo Interamericano di Washington.

Francesco Micheli il 9 agosto del 1982 ha dichiarato al PM Pierluigi Dell’Osso: «avevo avuto occasione di conoscere Roberto Calvi diversi anni prima …all’epoca ero dirigente della Montedison responsabile del settore partecipazioni finanziarie …la Corrocher a vedermi scoppiava a piangere».

Francesco Micheli, proveniente dall’esperienza nella Montedison di Eugenio Cefis, cenò con mio padre e Florio Fiorini il 9 giugno 1982. Alla cena partecipò Karl Kahane cugino del Barone Edmond de Rothschild.

Enrico Mattei fu partigiano, prossimo alla Democrazia Cristiana, finanziatore di tutti i partiti come Eugenio Cefis. La sua morte si incrocia con le indagini sul tentato colpo di stato del principe Borghese su cui testimoniò Raffaele Girotti. In Canada, conobbi a Edmonton Raffaele Girotti, succeduto a Eugenio Cefis alla presidenza dell’ENI. Felice Guarducci, che era stato presentato a Raffaele Girotti da Erminio Pennacchini, grande esperto di ENI e servizi, doveva interessarsi delle sabbie bituminose per Ultrafin Canada del Gruppo Ambrosiano.

Franca Mangiavacca segretaria di Mino Pecorelli ha testimoniato alla PM Elisabetta Cesqui che OP si interessò allo scandalo dei petroli e che tra le fonti vi erano i generali Vito Miceli e Gianadelio Maletti. Vito Miceli, lo incontrai a Washington con mio padre e Phil Guarino, era prossimo a Licio Gelli, il generale Maletti ha avuto stretti rapporti con Eugenio Cefis.

La corrispondenza tra Sismi e Guardia di Finanza di Milano, acquisita dal Dott. Antonio Pizzi al procedimento per la bancarotta Ambrosiano, mostra che le indagini in relazione alle stragi su Licio Gelli e riguardo a ENI e Montedison furono sostanzialmente scontata su questo aspetto.



Giorgio Corsi, Bruno Tassan Din, Florio Fiorini, Francesco Micheli sono i discendenti del sistema Cefis per generare con operazioni su cambi e petrolio delle risorse al riparo dei controlli italiani e compaiono in tutte le tappe drammatiche della vicenda di mio padre.

Esisteva un gruppo di influenza occulta dei notabili e uno dei corpi separati dello stato e forse erano la stessa cosa. Licio Gelli era in possesso dell’archivio della Esso che Vincenzo Cazzaniga usava per far pressioni su Eugenio Cefis.

Carlo CALVI


lunedì 1 giugno 2015

"Se i servizi fossero stati affidabili avrei potuto investirli …ma non mi fidavo" (di Carlo Calvi)

4^ puntata
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Acqua Marcia era una partecipazione di Montedison quando Eugenio Cefis ne fu presidente.
ENI, Montedison, Banca Nazionale del Lavoro e FIAT avevano creato una finanziaria, la Capitalfin a Nassau Bahamas. Leonardo Di Donna, diretto superiore di Florio Fiorini era membro del consiglio di amministrazione di Capitalfin e il Prof. Alberto Ferrari di B.N.L. ne era presidente. Di Donna testimoniò al processo per la bancarotta del Banco Ambrosiano il 17 luglio 1991 che FIAT ne uscì per contrasti di Agnelli con Ferrari: «l’ingresso dell’Ambrosiano nella Capitalfin faceva parte di un accordo con BNL …difficile spiegare perché il Banco si sia messo in quella situazione».

Io ho conosciuto l’avvocato di Alberto Ferrari a Nassau, presso Lennox Paton, con cui feci due visite alle isole del Caimano.

Secondo Di Donna: «fu Giorgio Mazzanti a dirmi che Licio Gelli si interessava all’affare ENI-Petromin …si voleva acquistare la stampa italiana …l’intervento della società Acqua Marcia nel giugno 1982 non era un piano di salvataggio del Banco Ambrosiano …l’ENI é riuscito a rientrare del 90% dei suoi crediti con il Banco Ambrosiano».

Di seguito la partecipazione di Acqua Marcia nel bilancio di Capitalfin International Ltd di Nassau al 31 luglio 1978 siglata da Giacomo Botta e Carlo Costa l’ 8 febbraio 1979 e bilancio della panamense Belrosa del Vaticano, creditrice di Capitalfin al 31 maggio 1979 :





Carlo Costa fu interrogato dal giudice istruttore Renato Bricchetti il 9 ottobre 1984: "entrai nel consiglio di Capitalfin nel 1978 convinto di rappresentare BAOL e non Belrosa …ai consigli venivano anche Giorgio Corsi, Leonardo Di Donna e Florio Fiorini …la Capitalfin aveva un importante investimento nell’Acqua Marcia".

Il carteggio originale del 1979 tra Carlo Costa e mio padre relativo alla partecipazione di Capitalfin in Acqua Marcia é reso disponibile cliccando su Link.

Il 19 novembre 1982 il teste, Ministro del Tesoro, Beniamino Andreatta esibì al PM Luigi Fenizia il piano della direzione finanziaria dell’ENI per la presa di controllo del gruppo Banco Ambrosiano da parte di Acqua Marcia.
Gli era stato consegnato la sera del 21 giugno 1982 dal suo direttore generale dal 18 gennaio 1982 Mario Sarcinelli ed ora disponibile cliccando su Link.

Nell'audizione al processo per la bancarotta del Banco Ambrosiano del 14 giugno 1991 Mario Sarcinelli ha dichiarato: "il 21 giugno del 1982 ebbi la visita di Florio Fiorini preceduta da una pressante telefonata …proponeva che l’ENI costituisse un fronte dei creditori del Banco Ambrosiano …non sapevo a quale gruppo finanziario appartenesse Acqua Marcia…ero stato attirato in un tranello …chiamai al citofono il Ministro e chiesi di essere ricevuto immediatamente …di lì a qualche giorno Florio Fiorini venne esonerato …non ho ricevuto messaggi di Licio Gelli …non vi sono fatti concreti che collegano il mio arresto del 24 marzo 1979 e l’episodio".

Il Ministro del Tesoro precisò: "avevo sollecitato Calvi a procedere ad una certificazione di bilancio consolidato del gruppo …con il Governatore della Banca d’Italia interpellammo le maggiori banche su una scissione delle posizioni debitorie del Banco Ambrosiano SPA da quelle della Holding lussemburghese …dissero di ritenere pericoloso un orientamento di tal genere".

Il senatore Beniamino Andreatta testimoniò anche al processo per la bancarotta del Banco Ambrosiano: "il piano Fiorini con informazioni indipendenti dalle autorità portava alla continuazione della gestione del Banco … occorreva una ricapitalizzazione …gli azionisti si trovano nelle stesse situazioni che si verranno a determinare con i warrants".

Nella sua audizione il senatore Andreatta aggiunse: "…se i servizi fossero stati affidabili avrei potuto investirli …non mi fidavo". Beniamino Andreatta ha dichiarato di aver proseguito il dialogo in una serie di incontri con l’incaricato della Segreteria di Stato del Vaticano Mons. Gianfranco Piovano e un banchiere rappresentante della banca Rothschild.
Mons. Gianfranco Piovano é stato recentemente chiamato in causa dal prelato Nunzio Scarano...
[5^ e ultima puntata]