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sabato 28 maggio 2016

Dove sono gli yacht dei clienti? Convegno a Milano 15.6.16 (su invito)


GRUPPO FEDERICO CAFFE'  


AssoTAG
(Ass. Italiana dei Periti e Consulenti Tecnici nominati dall'Autorità Giudiziaria)


organizzano un convegno dal titolo


"UNA NUOVA REPUTAZIONE PER BANCHE E CONTROLLORI BANCARI

Milano, 15 giugno 2016

Negozio Civico di ChiAmaMilano
Via Laghetto, 2
(dalle ore 14.30 alle ore 17.30)

PARTECIPAZIONE SU INVITO




Obiettivi
La caduta di reputazione del sistema bancario insieme a quella dei suoi regolatori e controllori è un fenomeno che sta diventando ogni giorno più importante.

Pare che i rapporti ispettivi di Banca d'Italia contenessero già tutte le informazioni negative sui soggetti bancari poi effettivamente falliti o che versano in gravi difficoltà.

Ci si chiede se le caratteristiche di intervento in attuazione da parte delle autorità di controllo non siano oggettivamente inadeguate a modificare la situazione. L’indicatore reputazionale può essere oggetto di specifica valutazione di valore aggiunto o perduto.

La tavola rotonda mira a discutere di questo con casi esemplari e interventi multidisciplinari e il suo obiettivo è di suggerire indicazioni che possano essere raccolte dal legislatore e dalle stesse Istituzioni di controllo.

L'incontro si svolgerà a porte chiuse ed è accessibile solo con invito e conferma di partecipazione
Per partecipare cliccare QUI


PROGRAMMA

Ore 14.30 - Apertura Lavori 

Filippo Barone - Giornalista Ballarò Rai3 - Il caso Banca Popolare di Vicenza

Paolo Mondani - Giornalista Report Rai3 - Il caso MPS

Marco Vitale - Banche: rifugio o rischio?

Giorgio Meletti - Banca d'Italia, CONSOB e i controlli

Salvatore Bragantini -  Dove sono gli yacht dei clienti?

Toni Muzi Falconi -  La reputazione degli organi di regolazione e controllo

Michele Tesoro -  La reputazione del settore bancario dal 2012 a oggi. Quale ruolo deve giocare la comunicazione?

Alfonso Scarano - Analista Finanziario Indipendente, Presidente AssoTAG - La reputazione nella valutazione economica d'impresa


Ore 17.00 - Conclusioni 


Modera l'evento Alfonso Scarano, Presidente AssoTAG

Per informazioni E-mail: info@assotag.org


Nota: il programma può subire aggiornamenti




lunedì 23 maggio 2016

Statistiche milanesi: nel 2015 fallimenti in calo

Nel corso del VI Seminario sulle procedure concorsuali riservato ai Giudici Delegati e ai Pubblici Ministeri, tenutosi tra il 20 e il 22 maggio scorsi sull'isola veneziana di San Servolo, sono stati presentati i risultati di un'analisi statistica sui fallimenti milanesi.
E il blog è in grado di illustrare quanto emerso.



Il dott. Roberto Fontana, Pubblico Ministero presso la Procura di Piacenza, nell'ambito delle sessioni di studio patrocinate dalla Scuola Superiore della Magistratura, ha illustrato ai numerosissimi presenti un risultato molto chiaro: i fallimenti registrati a Milano nel corso del 2015 sono in netta diminuzione rispetto al dato del 2014, almeno per quanto riguarda la dimensione del passivo.
Il medesimo fenomeno è osservabile a livello nazionale.

Una buona notizia quindi, visto che il dato del 2015 è tornato ai livelli registrati nel 2009!

Nel dettaglio, le procedure fallimentari milanesi nel 2015 hanno registrato un passivo complessivo pari a circa 1,1 miliardi di euro corrispondente a circa 1/3 del dato relativo al 2014 (pari a 3 miliardi di euro) e a più di 1/4 del totale passivo segnato nel 2013 (pari a 4,7 miliardi di euro).

L'analisi ha fatto emergere, peraltro, che l'anno più oscuro in fatto di sentenze dichiarative di fallimento è stato proprio il 2013.
In quell'anno, a livello nazionale, l'ammontare complessivo del passivo ammesso è stato pari a circa 50 miliardi di euro, la metà dei quali costituito da debiti verso l'erario e gli enti previdenziali.
L'analisi del dott. Fontana si è particolarmente concentrata su questo aspetto.
Infatti in molti casi l'azienda arriva al fallimento dopo 2-4 anni di "espedienti" che, di fatto, hanno la sola conseguenza di aggravare il dissesto, anche e soprattutto ai danni dello Stato.

Se si riuscisse ad intercettare in tempi rapidi questi casi, non di crisi ma di vero e proprio dissesto latente, si riuscirebbero a diminuire le esposizioni verso l'erario limitando oltretutto l'effetto domino sul sistema delle aziende fornitrici che altrimenti avrebbero più elevati crediti da svalutare e situazioni di crisi da gestire.

A tal proposito non sono mancati i suggerimenti per potenziare l'attività "pre-fallimentare" finalizzata a limitare gli aggravamenti dei dissesti.
La più importante di queste proposte di basa sull'analisi dei dati a disposizione dell'Amministrazione pubblica.

Si pensi ai molti registri, bollettini ed elenchi tenuti dalla PA, ricchi di informazioni utili a tracciare il profilo del "fallito latente".
Si possono quindi incrociare i dati relativi alle esecuzioni immobiliari e mobiliari, i dati forniti dalla centrale dei rischi o contenuti nel bollettino dei protesti ovvero le iscrizioni al ruolo. Naturalmente l'Agenzia delle Entrate ed Equitalia possono contribuire massivamente alla produzione dei dati e delle statistiche utili alle finalità appena richiamate.
Ma un'attività preventiva può attingere anche ad altre fonti quali l'andamento delle utenze con riferimento ad un determinato periodo di tempo ovvero da altri database già utilizzati per definire i profili comportamentali patologici.

Va rilevato inoltre che circa il 30% del passivo ammesso in sede fallimentare, si riferisce ai debiti verso banche quasi del tutto coperti da qualche forma di garanzia e privilegio.
A Milano nel 2015 tali debiti verso gli istituti di credito ammontano a circa 450 milioni di euro, contro il miliardo di euro segnato nel 2014.

Infine si rileva che in fatto di procedure concorsuali, i dati del passivo ammesso a livello nazionale corrispondono a circa 15 volte quelli registrati a Milano.


venerdì 13 maggio 2016

PwC pubblica la Global Economic Crime Survey 2016

Ancora una volta è una Big4 a tracciare con una survey globale, il quadro della situazione in tema di criminalità economica.

La PricewaterhouseCoopers (PwC), prestigiosa multinazionale che fornisce servizi professionali di revisione di bilancio e consulenza anche in ambito legale e fiscale, con un forensic department tra i più sviluppati in Italia, ha recentemente diffuso la Global Economic Crime Survey 2016 con un'edizione italiana tutta da leggere scaricabile cliccando QUI (per la versione internazionale cliccare QUI e QUI).

Dal sondaggio fatto a livello mondiale è emerso che il 36% delle aziende intervistate ha dichiarato di aver subito almeno una frode negli ultimi anni, in particolare, l’Africa risulta il paese con il più alto tasso di criminalità economica nel mondo: 57% nel 2016, contro il 50% del 2014.
Mentre in Italia circa un'azienda su cinque ha dichiarato di essere stata vittima di frodi economico-finanziarie.

I dati ottenuti hanno visto una lieve flessione nel trend di crescita dei fenomeni di criminalità economica, con tutta probabilità dovuta all'effetto combinato tra i benefici derivanti da una crescente sensibilizzazione in tema di prevenzione, contro una sempre maggiore difficoltà ad individuare le frodi a causa del crescente grado di sofisticazione delle tecniche utilizzate dai frodatori anche grazie all'utilizzo delle nuove tecnologie.

(click sull'immagine per ingrandire)

La ricerca di PwC conferma ancora una volta che in Italia la categoria di frode più diffusa rimane l’appropriazione indebita, che rappresenta il 70% circa delle frodi dichiarate (65% nel 2014), con un incremento del 5%.
Mentre il 23% delle aziende ha dichiarato di essere stata vittima di corruzione (13% nel 2014), in aumento del 10%. Al terzo posto permane il cybercrime, assestato al 20% dei casi.
Le frodi contabili, pari al 17% dei casi, sono in diminuzione rispetto al 22% del 2014; al quinto posto invece si attestano le frodi dell'area acquisti e appalti con il 13% dei casi segnalati dalle aziende interpellate.
Anche a livello mondiale l’appropriazione indebita resta il fenomeno di frode più diffuso, dichiarata dal 64% delle aziende, mentre è il cybercrime la seconda causa di frode globale con il 32% delle aziende colpite, rispetto al 24% del 2014.

Dalla survey di PwC emerge che meno della metà delle aziende italiane (il 47%) ha individuato l’evento fraudolento attraverso il sistema di controllo interno (in calo rispetto al 50% nel 2014) e in particolare tramite:
  • le attività dell’Internal Audit (17% dei casi);
  • i processi di monitoraggio delle transazioni sospette (7% dei casi);
  • i sistemi di Fraud Risk Management (10% dei casi);
  • la funzione security aziendale (nel 3% dei casi);
  • altre modalità residuali (10%).
Mentre il 24% delle frodi economico-finanziarie in Italia è intercettata dalle forze dell'ordine.

La survey fa emergere con chiarezza che c'è ancora molto da fare riguardo allo sviluppo di una cultura aziendale volta a favorire le segnalazioni, ad esempio tramite whistleblower (le cosiddette "soffiate" interne ed esterne), che si attestano al 13% dei casi di individuazione della frode, in forte calo rispetto al 35% del 2014.

Come segnale positivo si evidenzia la riduzione del numero di aziende che non ha mai svolto attività di Fraud Risk Assessment (24% nel 2016, contro il 25% del 2014 e il 37% del 2011).

Ancora una volta la survey di PwC evidenzia che negli ultimi due anni le frodi hanno causato perdite finanziarie enormi:
per il 7% delle aziende italiane le perdite sono comprese tra 5 e 92 milioni di €

(click sull'immagine per ingrandire)

Ma qual è l’identikit del frodatore italiano?
E' bene sottolineare innanzitutto che nel 43% dei casi a commettere la frode è un soggetto interno all'azienda. In particolare in Italia il frodatore interno è:
  • di sesso maschile;
  • laureato;
  • di età compresa tra i 31 e i 40 anni;
  • con una buona esperienza lavorativa alle spalle che va dai 3 ai 5 anni;
  • posizionato nel middle management.
Profilo nettamente diverso da quello indicato nella precedente edizione della survey di PwC del 2014, che fotografava il responsabile della frode come appartenere al senior management, in servizio in azienda da più di 10 anni, di sesso maschile, di età compresa tra i 41 e i 50 anni con un titolo di studio di scuola secondaria o laurea.

Infine si deve sottolineare il risultato certamente più significativo dell’edizione 2016, che è rappresentato dal 23% delle aziende italiane che hanno dichiarato di essere state vittime di fenomeni di corruzione, in aumento del 10% rispetto al 2014 e del 13% rispetto al 2011.


(click sull'immagine per ingrandire)