AdSense4

Bing

AdSense3

venerdì 11 dicembre 2015

False comunicazioni sociali: importante intervento della cassazione

di Alberto Gabriele Piva

Importante riflessione della Cassazione sugli effetti della riforma delle false comunicazioni sociali.
L’Ufficio del Massimario nella relazione n° V/003/15 del 2015 esamina la nuova disciplina delle false comunicazioni sociali alla luce della riforma intervenuta nel 2015 e delle prime sentenze emesse dalla stessa Corte subito dopo l’entrata in vigore della legge 27 maggio 2015, n. 69.
In particolare, l’Ufficio analizza gli orientamenti giurisprudenziali espressi dalla stessa Corte di Cassazione con la sentenza della sua Va Sezione Penale n.33774 del 16 giugno 2015 (la cosiddetta “sentenza Crespi”).

Nella relazione si esaminano approfonditamente le motivazioni alla base della sentenza, con particolare attenzione a quelle portate a supporto dell’irrilevanza delle valutazioni nell’ambito delle riformate false comunicazioni sociali.

Sul punto, l’Ufficio richiama le riflessioni di parte della dottrina (qualificata nella relazione come “attenta”) evidenziando come :

1. “una valutazione dev’essere naturalmente la valutazione di qualcosa, sicché per poter effettuare una valutazione di conseguenza, deve essere una realtà (materiale o anche solo giuridica qual un rapporto obbligatorio) da valutare”;

2. “l’ultimo momento della valutazione – nel senso ristretto che qui interessa di “valutazione di bilancio” – è dato dall’associazione di una grandezza numerica a ciò che si vuole valutare, ossia la misurazione, la quantificazione della realtà oggetto di valutazione”.

Sul punto, il documento sottolinea che “tra questi due elementi […] vi è l’insieme di regole, di principi, di ipotesi: vi è cioè il procedimento attraverso il quale avviene l’associazione di una grandezza numerica alla realtà sottostante” mostrando che “ove ci si soffermasse sul modello di stato patrimoniale previsto dall’art cod. civ. sarebbe facilmente constatabile come la stragrande maggioranza delle poste ivi contemplate sia frutto di procedimenti valutativi, peraltro esplicitamente disciplinati (soprattutto) dall’art.2426 cod. civ.”.

L’Ufficio prosegue in un’ampia disamina di tutti gli ulteriori aspetti relativi alla rilevanza o meno delle componenti valutative nell’ambito del falso in bilancio, alla fine della quale elabora una serie di considerazioni in merito alla nuova disciplina delle false comunicazioni sociali fra le quali:
  • […] il bilancio è costituito quasi del tutto da valutazioni e si basa su un metodo convenzionale di rappresentazione numerica dei fatti attinenti alla gestione dell’impresa […]”;
  • "[…] la maggior parte dei numeri che devono essere appostati in bilancio si riferisce non a grandezze certe, bensì solo stimate; […]
  • […] è quindi ineludibile la rilevanza penale della valutazione degli elementi di bilancio, essendo la sua funzione principale quella di indicare il valore del patrimonio sociale al fine di proteggere i terzi che entrano in rapporto con la società, e costituendo il patrimonio sociale la garanzia per i creditori (e più in generale la misura di questa garanzia per i terzi); nonché per i soci (soprattutto di minoranza) lo strumento legale di informazione contabile sull’andamento della compagine sociale; […]
  • la formazione del bilancio, quindi, implica necessariamente – oltre all’individuazione dei beni, dei costi e dei ricavi da iscriversi nel conto economico – la determinazione dei valori da attribuire ai singoli elementi del patrimonio;
  • […] non si può non tener conto, per l’esatta interpretazione della fattispecie di false comunicazioni sociali, delle cosiddette regole generali per la redazione del bilancio, cioè, del principio di chiarezza e di quello di rappresentazione veritiera e corretta;
  • […] veritiero vuol dire che gli amministratori non sono tenuti a una verità oggettiva di bilancio, impossibile da raggiungere per i dati stimati, ma impone a quest’ultimi di indicare il valore di quei dati che meglio risponde alla finalità e agli interessi che l’ordinamento vuole tutelare. […]
  • […] il bilancio è “vero” non già perché rappresenti fedelmente l’obiettiva realtà aziendale sottostante, bensì perché si conforma a quanto stabilito dalle prescrizioni legali in proposito. Si tratta di un “vero legale” stante la presenza di una disciplina legislativa che assegna valore cogente a determinate soluzioni elaborate dalla tecnica ragionieristica. […]”.
La presa di posizione dell’Ufficio del Massimario della Cassazione ripropone ed incardina in un percorso giuridico rigoroso un orientamento – fatto proprio già da lungo tempo da chi si occupa nella pratica di bilanci e contabilità – secondo cui la redazione del bilancio è un processo necessariamente valutativo ed esso è vero nella misura in cui la traduzione dei fatti economici sia effettuata entro i limiti e con le codificazioni comunemente accettate.

Sotto questo punto di vista, questo blog già nel corso dei precedenti mesi (si veda in questo senso il post del 1 nov. 2015 disponibile al seguente link), pur senza effettuare ampi richiami di dottrina e giurisprudenza, aveva messo in luce che escludere le valutazioni dai criteri per determinare la “verità” o la “falsità” di un bilancio fa venire meno uno dei presupposti della redazione delle stesse scritture contabili e non coglie il carattere interpretativo della redazione del bilancio, il quale è un sistema di traduzione in numeri dei fatti economicamente rilevanti secondo una prassi codificata.

Gli autori di questo blog si auspicano che l’intervento dell’Ufficio del Massimario possa condurre ad una nuova interpretazione del tenore letterale delle riformate norme in tema di false comunicazioni sociali, che porti ad una concezione del bilancio che veda nell’attendibilità dei numeri un pilastro per la sicurezza e stabilità economica di qualsiasi nazione, in armonia con una prassi consolidata a livello mondiale.


* Alberto Gabriele Piva
Dottore Commercialista, Revisore Legale dei Conti e Certified Fraud Examiner